BRUXELLES - L'operazione, nome in codice "Génération", è scattata all'alba con un blitz su larga scala. Un centinaio di investigatori belgi hanno passato al setaccio ventuno abitazioni tra Bruxelles, la Vallonia e le Fiandre, fermando sette lobbisti legati a Huawei e sospettati di aver corrotto con tangenti e regali ex e attuali eurodeputati. Poi un fermo in Francia, altre perquisizioni in Portogallo e, infine, la notifica al Parlamento europeo e l'irruzione nei suoi locali di Bruxelles. Dove una squadra di agenti ha apposto i sigilli agli uffici al decimo e undicesimo piano di due assistenti parlamentari legati a Forza Italia e ai liberali di Democratic Bulgaria.
Le autorità del Belgio scuotono di nuovo la politica comunitaria con un'inchiesta dal copione simile a quello del Qatargate e dalle pesanti accuse: corruzione, falsificazione di documenti, riciclaggio di denaro e organizzazione criminale. Questa volta però nessuna valigia piena di contanti o flagranza di reato, bensì pc, cellulari e documenti sequestrati per fare luce su una presunta trama segreta tessuta dal lobbista italo-belga Valerio Ottati - alla guida degli affari Ue del colosso cinese delle tlc e in passato assistente parlamentare - per influenzare le decisioni della casa della democrazia Ue a favore degli interessi cinesi.
La corruzione, nelle scarne comunicazioni offerte dalla procura federale, sarebbe andata avanti "in modo sistematico e molto discreto dal 2021, sotto le mentite spoglie di attività di lobbying commerciale". Dietro la facciata, nella tesi degli inquirenti, si nasconderebbero però "trasferimenti di denaro per coprire spese di conferenze, vitto e alloggio, regali di valore", inclusi smartphone del brand cinese, "e inviti a partite di calcio" per seguire i match della storica squadra dell'Anderlecht al Lotto Park, dove Huawei può vantare una tribuna privata. Elargizioni e versamenti da alcune migliaia di euro, veicolati attraverso società portoghesi.
Un'operazione di influenza che la multinazionale fondata da Ren Zhengfei avrebbe intensificato dal 2019 nel tentativo di contrastare la crescente ostilità di Washington, determinata a spingere Bruxelles a tagliare fuori la compagnia di tlc cinesi dal mercato europeo. Tutte azioni che, dopo ore di silenzio, la società ha fermamente respinto facendo sapere di aver appreso "con grande serietà le accuse" e manifestando l'intenzione di voler comunicare "urgentemente" con la giustizia belga "per comprendere meglio la situazione", ribadendo la sua "tolleranza zero" per la corruzione.
Il blitz della giustizia belga era già in corso quando la presidente dell'Eurocamera, Roberta Metsola, è stata informata vedendosi poi costretta a rientrare in tutta fretta da Strasburgo - dove gli eurodeputati erano riuniti in sessione plenaria - per assicurare piena collaborazione agli inquirenti.
Una sua rappresentante ha scortato gli investigatori fino al decimo e undicesimo piano della sede al 60 di Rue Wiertz, rimanendo con loro fino alla fine delle perquisizioni. I sigilli rossi e arancioni sono però rimasti a segnare le porte degli uffici di due assistenti legati a Forza Italia e Democratic Bulgaria - parte rispettivamente delle famiglie del Ppe e Renew - che hanno preso subito le distanze. "Nessun tipo di utilità di qualsiasi genere è mai stata conferita a membri o componenti dello staff" e "nessun invito è mai stato raccolto, né per visite in Cina né per eventi allo stadio", ha garantito la delegazione europea degli azzurri assicurando massima cooperazione nel segno della "trasparenza assoluta". Stessi toni anche da Renew, il gruppo guidato dalla macroniana Valérie Hayer, che "sconcertato per i presunti illeciti" ha condannato "con fermezza qualsiasi forma di corruzione" ed esortato l'Eurocamera a collaborare senza riserve con la magistratura.
A fine giornata, i sette lobbisti fermati - oltre a Ottati, stando a fonti giudiziarie, sarebbero coinvolti anche un altro rappresentante italiano di Huawei e un irlandese - erano ancora sotto il torchio della polizia. Nelle prossime ore sarà il giudice istruttore a interrogarli una seconda volta e decidere se convalidare o meno il fermo. Nell'agenda di Ottati, frutto di un decennio di lavoro accanto agli eurodeputati, si annida il timore che la lista dei sospetti possa allargarsi.
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