Dopo il caso del generale Almasri, un altro capo di una milizia libica arriva a Roma con una delegazione di alto livello. E anche stavolta è una foto, che sarebbe stata scattata in un clinica della Capitale, a innescare le polemiche.
Protagonista è Abdul Ghani al-Kikli, che guida la milizia Stability Support Apparatus ed è accusato di crimini contro l'umanità. A denunciarlo è il dissidente libico Husam El Gomati che su X pubblica lo scatto: al-Kikli è con altri, attorno al letto del ministro libico degli Affari Interni, Adel Jumaa Amer, ricoverato in Italia dopo un attentato. In più, ne tratteggia il curriculum: il miliziano "è accusato di tortura, sparizioni forzate e uccisioni e sarebbe nella lista dei ricercati della Corte penale internazionale, secondo alcune fonti", scrive. Il centrosinistra alza la voce e interpella il governo. A trainare la protesta è Elly Schlein: "Vogliamo chiarezza dal governo - dice la segretaria Dem dal corteo per le vittime di mafia, a Trapani - sul perché sta rendendo questo Paese un porto sicuro per le milizie libiche che spesso sono anche mafie libiche". Seguita dai capigruppo parlamentari Dem che denunciano: "Ogni silenzio sarà complicità".
Si associa Riccardo Magi di Più Europa: chiede che la premier Giorgia Meloni riferisca in Aula ed "eviti di mettergli a disposizione aerei di Stato, come ha fatto per Almasri". Pronte inoltre le interrogazioni al governo annunciate da Angelo Bonelli di Avs e Sandra Zampa del Pd, mentre Luca Casarini della ong 'Mediterranea' accusa il governo di proteggere i torturatori della Libia aggiungendo che "le mafie non sarebbero niente senza le complicità di chi ha potere, qui e nel mondo". Ufficialmente, la milizia guidata dal libico e creata dal suo governo nel 2021, è incaricata di garantire la sicurezza delle sedi e delle autorità di governo, oltre ad arrestare chi è sospettato di reati contro la sicurezza nazionale. In realtà - è la denuncia di Amnesty International - è responsabile di uccisioni illegali, detenzioni arbitrarie di libici, intercettamenti e detenzioni arbitrarie di migranti e rifugiati, torture, lavori forzati. Sull'uomo, tuttavia, non pende un''allerta' dell'Interpol né un mandato d'arresto della Corte penale internazionale.
Il suo nome non è nella lista pubblica dei mandati d'arresto emessi dalla Corte, anche se più volte (nel 2017, nel 2018 e lo scorso anno) è stato identificato come responsabile di gravi violazioni e abusi, nei rapporti degli esperti del Consiglio di sicurezza dell'Onu e dell'Alto commissario per i diritti umani. Inoltre, come come risulta all'ANSA da fonti informate, al-Kikli ha un visto Schengen rilasciato da Malta nel 2023 e valido fino al 25 novembre 2025. Può dunque muoversi liberamente in area europea.
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