Un periodo 'finestra' di almeno 7-10 giorni per valutare la risposta del Pontefice alla nuova terapia antibiotica alla quale è sottoposto, ma "ci sono comunque le condizioni perché gli antibiotici possano risultare efficaci". E' la valutazione del presidente della Società italiana di geriatria e gerontologia (Sigg), Dario Leosco, secondo il quale nel caso del Pontefice - ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma - non dovrebbe al momento sussistere un rischio di antibiotico-resistenza.
"Solitamente - spiega Leosco all'ANSA - i cicli di antibioticoterapia possono avere una durata anche fino a 10 giorni. Di fronte ad una infezione polibatterica, e dunque complessa, come quella che ha colpito il Papa, i tempi di trattamento si possono allungare, ma in 7-10 giorni si dovrebbe capire se c'è una risposta positiva e duratura alla terapia in atto. Ovviamente - precisa - i tempi di risposta possono però variare in base alle condizioni specifiche del singolo paziente".
Nel caso in cui non ci fosse invece una risposta alla terapia, e "se gli indici di infiammazione dovessero restare alti - sottolinea il presidente dei geriatri - si potrebbe ipotizzare un fenomeno di antibioticoresistenza". Questo, afferma, "è un rischio, anche se, per esperienza clinica, sono convinto che il Papa possa rispondere bene ai nuovi antibiotici che sta assumendo. Ci sono infatti le condizioni perché ciò accada, a partire dal fatto che il Pontefice, a quanto risulta, non è stato sottoposto a frequenti terapie antibiotiche, elemento questo che potrebbe appunto indurre o facilitare una resistenza". Inoltre, "oggi si utilizzano antibiotici di ultima generazione e questo è un fattore importante rispetto al rischio di resistenze". E' chiaro, precisa poi l'esperto, che "nei soggetti anziani, soprattutto nel periodo invernale può accadere che si verifichino riacutizzazioni respiratorie con la necessità di utilizzare farmaci antibiotici. Non risulta però che il Papa sia stato colpito da frequenti riacutizzazioni di tipo respiratorio".
Anche il fatto che non abbia febbre, rileva, "è un elemento positivo". Il fattore febbre, comunque, è da monitorare: "Nei soggetti anziani può infatti accadere - chiarisce Leosco - che si verifichi una condizione di ipoattività, ovvero di bassa reattività del sistema immunitario che si configura in una mancata risposta febbrile. Tuttavia, ciò si verifica soprattutto in anziani in condizioni particolarmente debilitate, e non parrebbe la situazione del Pontefice". Rispetto poi al tipo di infezione, "solitamente - afferma Leosco - in una infezione polibatterica delle basse vie respiratorie gli agenti patogeni sono localizzati a livello polmonare e non dovrebbe esserci un rischio di disseminazione batterica in altri organi, perchè il controllo antibiotico impedisce appunto lo sviluppo di una infezione di tipo sistemico".
Una volta che il processo infiammatorio sarà poi auspicabilemente spento, conclude il presidente Sigg, "sarà quindi di fondamentale importanza un periodo di adeguata convalescenza".
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