La passione per la fotografia e i
viaggi, la voglia di essere testimone di eventi e la ricerca di
una propria identità: a Nicola Sansone, fotogiornalista
napoletano impegnato negli anni '50 e '60, è dedicata la
retrospettiva 'Nicola Sansone. La fotografia come libertà',
allestita dal 19 febbraio al 6 maggio nelle sale del Pianoforte
del Museo di Roma in Trastevere. In mostra, a cura di Renato
Corsini e Margherita Magnino, 60 immagini in bianco e nero con
stampa ai sali d'argento su carta baritata, realizzate dagli
anni '50 fino alla fine degli anni '60 in America, in Giappone e
naturalmente in Italia, dove, come scrisse Uliano Lucas, "getta
il proprio sguardo oltre i consueti modi di utilizzare la
fotografia della stampa italiana del tempo e scopre il
linguaggio delle immagini come strumento di denuncia e di
libertà, di rottura e di indipendenza". Per Nicola Sansone,
esponente di quella 'schiera romana' di reporter che a partire
dagli anni '50 ha segnato una stagione di grande fermento
culturale nell'ambito del fotogiornalismo italiano, la
fotografia è stata una scelta di vita, una necessità
esistenziale, un senso di libertà che risponde alla sola
committenza per lui possibile, quella dell'onestà intellettuale
e di testimone dei fatti. La retrospettiva, promossa da Roma
Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai
Beni Culturali, e organizzata da Ma.Co.f - Centro della
Fotografia Italiana di Brescia, restituisce il suo modo di
interpretare il fotogiornalismo: dell'Italia del dopoguerra
documentò gli aspetti sociali e culturali delle campagne e delle
periferie, delle borgate e dei nuovi luoghi di aggregazione.
Raccontò i protagonisti e i rituali della scena politica e a
Roma operò anche come fotografo di scena a Cinecittà; ritrasse
artisti e intellettuali e fece numerosi reportage all'estero, in
particolare in Algeria (1959) durante e dopo il processo di
decolonizzazione, in Congo nel 1963, a Cuba e Kartoum (1969).
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