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In collaborazione con Università Cattolica del Sacro Cuore
"Io non ho mai capito se il carcere
abbia un senso, se la forma di pena nella detenzione sia una
cosa giusta o che ha un senso. Le condizioni attuali del carcere
certamente rendono ancora più problematico questo". È
l'osservazione dell'arcivescovo di Milano, monsignor Mario
Delpini, a margine dell'evento promosso dall'Università
Cattolica, 'Ricostruire la speranza: pena e comunità in
dialogo'.
"Lo sforzo di tutto l'impianto di chi si occupa di giustizia,
del giudizio penale penso debba essere quello di una riforma
profonda, non saprei indicare una via da percorrere se non una
che cerca il bene comune - ha aggiunto -. Che vuol dire anche il
bene di chi lavora in carcere, di chi è detenuto e il bene
possibile da chiedere a coloro che hanno fatto dei danni alla
società, secondo la logica della giustizia riparativa che sta
diventando un'ipotesi realistica".
"L'opera di visitare i carcerati è una testimonianza che
queste persone in qualche modo fanno parte della comunità e non
sono estranei, non sono vite finite in un mondo a parte
inaccessibile - ha osservato ancora Delpini -. Le mura del
carcere come si devono interpretare, la società si protegge da
coloro che l'hanno danneggiata con il loro comportamento
delittuoso, le mura impediscono la fuga di coloro che subiscono
la pena come privazione della libertà".
"Le mura contribuiscono a dissuadere dal creare rapporti tra
fuori e dentro. La visita ai carcerati è però una forma di
riconoscimento dell'appartenenza del carcere alla città - ha
concluso -, di coloro che sono costretti lì o che ci lavorano".
In collaborazione con Università Cattolica del Sacro Cuore
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