"Stai tranqui' me la vedo io", "tra
mezz'ora avrai", "adesso vai a posto ti avviserò io quando sto
per arrivare", "stai al posto tuo serena e non ti preoccupare",
"come sempre vi preoccupate inutilmente, io do con tutte le
indicazioni, ieri quello che si è verificato non è mai successo
ma l'ansia fa fare i figli ciechi, oggi andrà meglio". Sono solo
alcuni dei messaggi scambiati via whatsapp fra Tina Laquale, ex
funzionaria dell'Università arrestata oggi nell'ambito
dell'inchiesta sull'esame da avvocato del dicembre 2014, e i
candidati con cui ci sarebbe stato l'accordo illecito per
ottenere gli elaborati delle prove scritte.
Dalle intercettazioni telefoniche e dall'analisi del
contenuto dei telefoni cellulari sequestrati, gli investigatori
baresi hanno potuto ricostruire le tre giornate d'esame e i
continui contatti fra il "gruppo di lavoro" a casa di un
avvocato barese, il 38enne Giuseppe Colella (anche lui agli
arresti domiciliari), incaricato di svolgere le tracce, e i
candidati. Laquale risponde, tranquillizzandoli, alle continue
richieste degli aspiranti avvocati: "ciao Tina, non si è
presentato nessuno, c'è stato tanto tempo come mai? Ti prego
aiutatemi".
Nell'ordinanza di arresto a firma del gip del Tribunale di
Bari Sergio Di Paola c'è poi una lunga nota dedicata a decine di
prelievi bancari nelle settimane precedenti e successive alle
tre prove d'esame per complessivi 9mila euro circa, emersi da
una perquisizione effettuata a casa di una candidata nel gennaio
2015.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA