Il Tribunale di Bari (presidente
Marco Guida) ha condannato a cinque mesi di reclusione, per
esercizio arbitrario delle proprie ragioni, il chirurgo 65enne
Giuseppe Garofalo e il 50enne Donato Maurizio Di Cosmo, mentre
ha assolto un terzo coimputato, il 31enne Davide Genchi. I tre
erano finiti a processo per tentata estorsione nei confronti di
un architetto di Bari, coinvolto in una controversia civile per
la restituzione di una caparra che Garofalo gli aveva versato
tempo prima. Nei confronti dei tre, la Procura aveva chiesto la
condanna a cinque anni e quattro mesi di reclusione, ma il
Tribunale ha derubricato il tutto a esercizio arbitrario delle
proprie ragioni e condannato Garofalo e Di Cosmo a una pena
(sospesa) assai più lieve.
La vicenda per la quale i tre erano finiti a processo risale
al 2019. Per l'accusa, Garofalo (assistito dall'avvocato Mario
Malcangi) avrebbe istigato gli altri due, pregiudicati, a
minacciare il professionista per costringerlo a chiudere una
controversia civile relativa alla restituzione di una caparra di
360mila euro, versata tempo prima per acquistare una villa a
Bari del valore di 850mila euro. Nel 2011, infatti, l'architetto
stipulò un accordo di compravendita dell'immobile con Garofalo e
sua moglie, a cui seguì il preliminare, ottenendo i 360mila
euro. La compravendita non si concluse, e questo diede vita a
una causa civile tra le due parti.
Proprio dopo un'udienza del processo civile l'architetto
sarebbe stato avvicinato da Di Cosmo e Genchi, che gli avrebbero
intimato di "chiudere il contenzioso economico con il dottore",
come si legge nel capo d'imputazione. Genchi, in particolare,
gli avrebbe fatto intendere "di essere a conoscenza dei suoi
movimenti e del suo recapito telefonico" e, dopo avergli
intimato di chiudere il contenzioso, gli avrebbe detto di
incontrare il medico in un bar per risolvere la questione.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA