(di Vincenzo Chiumarulo)
È uno stupro che vìola virtù, fedeltà
e purezza, che cancella il vero amore, che mette a nudo la
crudeltà dell'uomo e che pone la domanda attorno alla quale
ruota l'opera: "E' tutto, è tutto qui?". La prima di The rape of
Lucrezia (Lo stupro di Lucrezia) di Benjamin Britten, è andata
in scena ieri sera a Bari. Si tratta di una nuova produzione e
di un nuovo allestimento scenico della Fondazione Teatro
Petruzzelli, firmata dal regista Yannis Kokkos, autore anche
delle scene e dei costumi dello spettacolo che esprime in
maniera evidente il suo aspetto 'teatrale', richiedendo ai
cantanti una grande prova di recitazione.
Essenziali ma ricercate le scene. Ridotto il numero degli
elementi dell'orchestra diretti da Jordi Bernàcer. Due i cori,
maschile e femminile, interpretati da due soli elementi, Moritz
Kallenberg e Caterina Dellaere, che raccontano tutto ciò che
accade, suggeriscono senza mai influenzare gli eventi, stimolano
riflessioni sul significato degli avvenimenti.
Sul palco, nei due atti senza intervallo, ci sono Marco
Spotti (Collatinus), Stefanie Iranyi (Lucretia), Rory Musgrave
(Junius), Christian Senn (Tarquinius), Nicole Piccolomini
(Bianca) e Francesca Benitez (Lucia). La storia è quella
dell'uomo che brama conquiste, che calpesta tutto pur di
soddisfare le proprie passioni. Siamo nel 509 avanti Cristo,
nella Roma del re etrusco Tarquinio il Superbo e di suo figlio
Tarquinius che si proclama il 'principe' della città. Sarà
proprio lui, dopo aver scoperto che Lucrezia è stata l'unica
delle mogli dei generali a rimanere fedele al proprio marito
Collatinus, a non resistere al desiderio di attentare alla virtù
della donna. Raggiunta Lucrezia a casa di notte, la sorprende
nel sonno tentando di sedurla. Ma quando lei lo rifiuta,
Tarquinius usa la forza e abusa di lei. Attorno ai due cala
dall'alto una scatola nera sulla quale vengono proiettate
immagini che rimandano alla violenza.
Sul palco, spiega il regista, è "stata posta una pedana in
legno, circondata da immagini e colori che si aprono verso
scenari virtuali, in cui sono raffigurate le tende degli
accampamenti militari mosse dal vento, la scomposta fuga a
cavallo di Tarquinius sulla strada che conduce a Roma, il letto
di Lucrezia, l'apparente quiete di un interno dai colori caldi,
i crudi frammenti di uno stupro".
Ciò che invece prende forma materialmente è il momento in cui
Lucrezia si toglie la vita sotto lo sguardo del suo amato
Collatinus, pugnalandosi al collo, circondata dai fiori che
adornano la sua stanza ma che ora sembra siano per il suo
funerale. Anche la musica che accompagna il momento dello
stupro, evidenzia il regista, è stata costruita per esprimere i
sentimenti contraddittori che si scatenano in Lucrezia
portandola al suicidio. Uno fra questi, secondo Kokkos, "è
l'atteggiamento di suo marito Collatinus che le va incontro pur
senza comprendere la sua disperata sofferenza", come se "nulla
di davvero grave fosse accaduto", pensando probabilmente solo
"al proprio futuro politico".
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