Se ne parla da un po' di tempo
senza clamore, i partiti ne stanno discutendo sotto traccia, al
momento non c'è un testo di legge: si tratta della riforma delle
legge elettorale regionale. A lanciare la palla è stato il M5s.
Il vice presidente dell'Ars Nuccio Di Paola, che guida il
movimento di Conte in Sicilia, ha proposto il tema nel corso di
una capigruppo. Fi e gli altri gruppi, apprende l'ANSA, hanno
raccolto la sfida, almeno in via teorica. Il punto di partenza
del ragionamento politico sarebbe l'abolizione del listino
regionale, quello collegato al candidato presidente della
Regione, con l'obiettivo di ripartire i sei seggi ai collegi più
piccoli per una questione di rappresentanza territoriale
omogenea ed evitare che i collegi più grossi facciano man bassa
di eletti a scapito dei più piccoli, come Caltanissetta, Enna o
Agrigento.
In base all'attuale legge, il premio del listino scatta nel
caso la lista o coalizione di liste provinciali collegate alla
lista regionale più votata ottenga meno di 42 seggi, in questo
caso vengono eletti dalla lista regionale bloccata tanti
candidati quanti ne occorrono per raggiungere i 42 eletti su 70.
Se la lista o coalizione di liste provinciali più votata ottiene
42 o più seggi, allora i seggi attribuiti a candidati dalla
lista regionale più votata (da 1 a 6 seggi) sono ripartiti fra
tutti i gruppi di liste non collegati alla lista regionale
risultata più votata, in proporzione alle rispettive cifre
elettorali.
L'idea è di stringere sulla riforma prima dell'estate in
modo da approvare la riforma entro la fine di quest'anno, con un
anno di anticipo rispetto alla scadenza della legislatura perché
andare oltre renderebbe più complicato mettere mano alla legge.
C'è chi vedrebbe di buon grado anche l'aumento dei deputati
regionali, ridotti da 90 a 70 con una norma approvata 14 anni fa
ma in questo senso la strada appare più impervia.
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