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Via libera ai domiciliari al padre se la madre non può farsi carico dei figli

Via libera ai domiciliari al padre se la madre non può farsi carico dei figli

Decisione della Corte costituzionale dopo i casi sollevati a Bologna e Venezia

18 aprile 2025, 16:22

Redazione ANSA

ANSACheck
Carcere - RIPRODUZIONE RISERVATA

Carcere - RIPRODUZIONE RISERVATA

È ammissibile la concessione degli arresti domiciliari al papà se la mamma è morta o è impossibilitata ad occuparsi dei figli.

È quanto cristallizza la Corte Costituzionale in una pronuncia con cui stabilisce che "non viola i principi costituzionali" il diverso trattamento, stabilito dall'ordinamento penitenziario, "per la donna e l'uomo condannati che abbiano figli di età non superiore a dieci anni" o "gravemente disabili".

Al vaglio della Corte si è arrivati dopo che la questione era stata sollevata dai tribunali per la Sorveglianza di Bologna e Venezia. Il primo caso riguardava un detenuto che aveva chiesto di essere ammesso alla detenzione domiciliare per occuparsi dei suoi due bambini, che erano allo stato accuditi dalla loro sorella maggiore. Il secondo caso è su una richiesta analoga arrivata dal padre di un ragazzino affetto da grave disabilità e che necessitava di continua assistenza da parte della madre.

La norma esaminata dalla Corte consente di disporre la detenzione domiciliare della madre condannata anche quando i figli siano affidati al padre. Invece, il padre che sia stato condannato può essere ammesso alla detenzione domiciliare soltanto se risulti che la madre sia morta o comunque sia impossibilitata a prendersi cura dei figli, e non vi sia modo di affidarli a persona diversa dal padre.

Secondo i due tribunali territoriali, la differenza di trattamento tra padre e madre detenuto non consentirebbe di tutelare appieno gli interessi dei figli, privandoli indebitamente del rapporto con il padre. Inoltre violerebbe il principio di eguaglianza tra sessi e all'interno del matrimonio, privilegiando irragionevolmente la posizione della madre rispetto a quella del padre.

La Consulta, nella sentenza numero 52, ha riconosciuto una "qualche distonia" tra la legge esaminata e "lo stadio attuale del quadro ordinamentale, che - anche per effetto della mutata sensibilità sociale - tende ormai a riconoscere l'equivalenza delle due figure genitoriali rispetto ai compiti di cura, mantenimento ed educazione dei figli".

Tuttavia, la Corte ha osservato che "il legislatore ha ritenuto di apprestare un trattamento di particolare favore per il rapporto tra la madre condannata e il bambino in tenera età, - osserva la Consulta - muovendosi in consonanza con l'obbligo di proteggere la maternità stabilito dall'articolo 31 della Costituzione, oltre che con numerose raccomandazioni di diritto internazionale che mirano ad assicurare, per quanto possibile, la presenza della madre condannata accanto ai propri figli".

I giudici aggiungono che "la scelta compiuta dal legislatore di assicurare la presenza anche della madre condannata a una pena detentiva, pur laddove il padre sia in condizione di farsi carico della cura e dell'educazione del minore, è il frutto di un bilanciamento non irragionevole tra l'interesse all'esecuzione della pena detentiva - e quindi della pretesa punitiva dello Stato - e l'interesse del minore alla relazione genitoriale".

A detta della Consulta è "invece lesiva degli interessi preminenti del minore la scelta legislativa di precludere al padre condannato l'accesso alla detenzione domiciliare anche quando la madre sia morta o comunque impossibilitata a provvedere alla cura dei figli minori, ma questi possano essere accuditi da terze persone. Così concepita, la norma impedisce infatti ai minori di fruire della relazione continuativa con almeno uno dei genitori, che in linea di principio deve essere loro assicurata". 

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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