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L'uomo di argilla, il Golem in favola alchemica di rinascita

L'uomo di argilla, il Golem in favola alchemica di rinascita

Al Lido e ora in sala il piccolo gioiello con Thiéry e Devos

ROMA, 09 febbraio 2025, 18:23

Francesco Gallo

ANSACheck
- RIPRODUZIONE RISERVATA

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'L'uomo di argilla', opera prima della regista francese Anaïs Tellenne, con Raphaël Thiéry ed Emmanuelle Devos, è una piccola favola alchemica in cui si parla di rinascita attraverso la figura del Golem, "essere informe" della tradizione ebraica a cui viene data vita attraverso la cabala.
    In questo caso il protagonista del film, Raphael (Thiéry) , è un gigante buono, una specie di orco privo di un occhio che vive con la mamma e suona con poesia e talento la fisarmonica nel gruppo di musica etnica 'Terra gallica'. Siamo in Borgogna.
    Insomma Thiéry è poco più di un bambino che fa il guardiano di un castello svolgendo lavori umili come la caccia alle talpe che infestano il giardino e la cura del prato e delle piante.
    Raphael certo ha la sua sessualità, quella che vive in maniera spiccia con la postina del paese, sesso consumato nei boschi come un bisogno fisico a cui assolvere.
    Tutto cambia nel film - già presentato alla 80° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti Extra e ora in sala dal 13 febbraio con Satine Film - quando arriva nel maniero l'erede, Garance Chaptel (Devos), affascinante artista concettuale di cui subito Raphaël si invaghisce, un sentimento mai provato prima.
    Con l'ingresso di questa donna nella vita semplice di questo gigante con benda all'occhio, Raphael scopre la bellezza e, insieme a questa, la possibilità di una sua redenzione, di essere rimpastato con la stessa argilla di cui è composto.
    L'affascinante artista, mille miglia lontana dal suo mondo, gli propone poi di fare da modello per una statua d'argilla a grandezza naturale, una sorta di 'pensatore di Garance'. Raphaël passerà così molte ore a veder generata dalla donna ogni parte del suo corpo fino al compimento del suo doppio in argilla con cui si confonderà totalmente.
    "Avevo già girato due corti con Thiéry e ho voluto filmarlo ancora una volta perché mi affascina il suo corpo bruto, il suo fisico atipico, e allo stesso tempo quel qualcosa di estremamente fragile e tenero in lui - dice la regista - . Da tempo volevo scrivere una fiaba, e nelle fiabe ci sono spesso contrasti, soprattutto di status sociale, tra i personaggi principali. Cercavo quindi un contrasto di questo tipo e volevo anche parlare del rapporto molto speciale che c'è tra gli artisti. Perché quando crei è indefinibile, non è proprio amore, non è proprio amicizia, ma non è nemmeno solo professionale. Per quanto riguarda l'arte contemporanea, ho scelto la scultura per il film (volevo che fosse molto sensuale) e per il fascino di artisti come Sophie Calle o Marina Abramovič che hanno deciso di trasformare la loro vita e la loro intimità in un'opera d'arte.
    Per quanto riguarda il Golem spiega Anaïs Tellenne: "Mi sono imbattuta in questa figura e ho pensato che ispirarsi a questa mitologia ebraica potesse essere una potente drammaturgia, con questi rabbini che plasmano la terra e che scrivono sulla fronte del Golem la parola 'verità', ma se si toglie una lettera, in ebraico significa 'morte'. Ho capito poi che c'era un ovvio parallelo con l'idea di questa donna che scolpiva Raphaël".
   
   

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