Volodymyr Zelensky guarda con crescente preoccupazione e nervosismo alla svolta diplomatica impressa da Donald Trump, che ha puntato sul negoziato diretto con Mosca relegando Kiev al ruolo di attore non protagonista.
"Parlano dell'Ucraina, ma senza l'Ucraina", è stato il suo affondo dopo i colloqui di Riad tra le delegazioni russe e americane, rappresentate ai più alti livelli. La prima reazione di Zelensky a questo summit, da questo punto di vista, è stata inequivocabile: la sua missione in Arabia Saudita, che era in programma per domani, è stata rinviata al dieci marzo. Il leader ucraino è così tornato a Kiev per incontrare l'inviato speciale Usa Keith Kellogg, con la speranza di far valere le sue ragioni.
Russi e americani sono volati a Riad per il primo confronto faccia a faccia dall'inizio della guerra e non per avviare formalmente negoziati di pace, ma i commenti positivi espressi da Serghei Lavrov e Marco Rubio al termine dei colloqui hanno mostrato una lunghezza d'onda tra il Cremlino e la Casa Bianca che Kiev ha accolto come fumo negli occhi. Zelensky, che tra l'altro è stato attaccato frontalmente proprio da Lavrov, ha contestato il metodo, più che il contenuto, del formato di Riad, nel corso di una conferenza stampa ad Ankara accanto a Recep Tayyp Erdogan.
La posizione ucraina resta quella già delineata sin da quando Trump ha deciso di considerare Putin un interlocutore e non più un invasore.
Per Zelensky l'unico modo di arrivare quanto meno ad un cessate il fuoco è quello di condurre colloqui "equi", che includano "l'Ucraina e l'Europa in senso lato, quindi l'Ue, il Regno Unito e la Turchia". Il rischio paventato da Kiev è che coinvolgere ucraini ed europei soltanto a cose fatte equivarrebbe di fatto ad una resa, con la rinuncia a tutti i territori persi e soprattutto nessuna garanzia di sicurezza efficace, una volta che la prospettiva di un'adesione alla Nato appare ormai lontanissima. Zelensky, del resto, ha spiegato questa posizione utilizzando toni ancora più duri: "Il problema è che gli Stati Uniti oggi dicono cose che sono molto gradite a Putin. Penso che sia lì il problema, vogliono compiacerlo", sono state le sue parole consegnate ai media tedeschi in un'intervista alla vigilia del summit di Riad.
Europei, britannici e turchi sono appunto l'ultimo argine che secondo Kiev può impedire il trionfo completo di Putin. A partire da Erdogan, che aveva già mediato con successo l'intesa sull'export del grano e che dopo l'odierno incontro con Zelensky si è offerto di ospitare futuri colloqui di pace "tra Russia, Ucraina, Stati Uniti nel prossimo futuro". Rispetto a Londra, non è sfuggita a Zelensky la disponibilità del governo britannico di inviare truppe all'interno di un contingente di peacekeeping che dovesse essere schierato al confine russo-ucraino dopo un'eventuale tregua.
Quanto poi all'Ue, finora non ci sono stati passi indietro nel sostegno a Kiev, ma allo stesso tempo le prossime mosse dei 27 sono avvolte da diverse incognite. Se n'è già avuto un assaggio al vertice convocato da Emmanuel Macron a Parigi che ha riunito i principali leader del Vecchio Continente. All'Eliseo infatti non è stata trovata una linea comune, ad esempio sullo schieramento di soldati europei per mantenere la pace in Ucraina, che d'altra parte Mosca non vuole. La Francia ci riproverà ancora domani, con una nuova riunione di sicurezza estesa agli altri Paesi europei e al Canada.
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