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Colloqui Usa-Iran: 'Non a Roma, sabato c'è Vance'

Colloqui Usa-Iran: 'Non a Roma, sabato c'è Vance'

Trump riunisce i suoi, divergenze sulla linea per i negoziati

ROMA, 15 aprile 2025, 20:30

di Laurence Figà-Talamanca

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. © ANSA/EPA

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    Restano in salita i colloqui tra Stati Uniti e Iran sul programma nucleare di Teheran, tanto che non è ancora chiaro quale sarà la sede del secondo round dei negoziati, dopo il primo tenutosi in Oman. Le parti avevano concordato di vedersi a Roma alla vigilia di Pasqua, e il governo italiano lo aveva confermato. Poi l'annuncio notturno del ministro degli Esteri iraniani, Abbas Araghchi, secondo cui l'incontro sarebbe di nuovo spostato a Muscat. In attesa di conferme ufficiali, l'ipotesi riferita da Axios è che la retromarcia derivi dalla volontà della Casa Bianca di evitare sovrapposizioni tra i colloqui e la visita del vicepresidente J.D. Vance, atteso a Roma nello stesso fine settimana.

    Che siano in Italia o in Oman, i preparativi per i colloqui continuano. Donald Trump ha sentito al telefono il sultano omanita Haitham bin Tariq, nei panni di mediatore, e ha poi riunito i suoi per discutere dei prossimi passi: lo stesso Vance, il segretario di Stato Marco Rubio, il capo del Pentagono Pete Hegseth, il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz, l'inviato di Trump Steve Witkoff, il direttore della Cia John Ratcliffe e altri alti funzionari. E, secondo due fonti di Axios, nella situation room sarebbero emerse divergenze sulla linea da tenere nei colloqui: da una parte Vance e Witkoff ritengono che la diplomazia possa portare a un accordo e che gli Stati Uniti debbano essere pronti a scendere a compromessi per ottenerlo, mentre Rubio e Waltz si sono mostrati molto scettici, sostenendo un approccio massimalista ai negoziati. In mezzo Trump, che alterna annunci fiduciosi su una possibile intesa alle minacce militari in caso fallisca la diplomazia.

    Del resto, anche le dichiarazioni pubbliche appaiono contraddittorie. In un'intervista a Fox News, Witkoff ha lasciato intendere che l'obiettivo degli Usa è impedire agli ayatollah di dotarsi dell'arma nucleare, tollerando tuttavia un certo margine di arricchimento dell'uranio (al 3,67% come prevedeva l'accordo Jpcoa del 2015 poi abbandonato da Trump, contro l'attuale 60%). Salvo poi chiarire su X che "l'Iran deve interrompere ed eliminare il suo programma di arricchimento nucleare e di armamento".

    Secondo il Guardian, inoltre, la richiesta degli Stati Uniti è quella di trasferire le scorte di uranio arricchito accumulate finora in un Paese terzo, come la Russia. Proposta cui Teheran si oppone, sostenendo che le scorte accumulate debbano rimanere in Iran sotto la supervisione dell'Aiea, come una forma di assicurazione nel caso in cui una futura amministrazione americana si ritiri di nuovo dall'accordo. La Guida Suprema iraniana Ali Khamenei, determinato a raggiungere la revoca delle sanzioni e consapevole del rischio reale delle minacce di Trump, si è infatti detto "ottimista nelle capacità iraniane, ma pessimista" riguardo alla buona fede degli americani. 
   

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