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Il nuovo round di colloqui Usa-Iran torna a Roma

Il nuovo round di colloqui Usa-Iran torna a Roma

Negoziato in salita, l'allarme dell'Aiea sull'atomica di Teheran

ROMA, 16 aprile 2025, 19:09

di Cristina Ferrulli

ANSACheck
Il nuovo round di colloqui Usa-Iran torna a Roma © ANSA/EPA

Il nuovo round di colloqui Usa-Iran torna a Roma © ANSA/EPA

Dopo annunci e smentite iraniane, il dado è tratto: si svolgerà sabato a Roma il secondo round dei negoziati indiretti tra l'inviato Usa Steve Witkoff e il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi sul nucleare. A dare la conferma la tv di stato iraniana che spiega che sarà "il ministero degli Esteri dell'Oman ad ospitare i colloqui", probabilmente all'ambasciata di Muscat nella capitale.

Era stato proprio Araghchi a riportare il negoziato a Muscat nonostante le parti avessero concordato in un primo momento di vedersi a Roma alla vigilia di Pasqua. Una retromarcia che, secondo alcuni media iraniani, derivava dalla riluttanza di Teheran a tenere i colloqui mentre nella capitale italiana era presente anche il vicepresidente Usa JD Vance. E infatti la decisione sul cambio di sede viene definita dal portavoce del ministero degli Esteri, Esmail Baghaei, come "una mossa che potrebbe essere considerata una mancanza di serietà e buona volontà" mentre "siamo ancora nella fase di sperimentazione".

Il ministro degli esteri Antonio Tajani aveva confermato sin da subito la disponibilità del governo italiano ad ospitare i colloqui a Roma: "Abbiamo ricevuto la richiesta delle parti interessate e dell'Oman, che svolge il ruolo di mediatore, e abbiamo dato una risposta positiva", aveva detto. Il responsabile della Farnesina, a quanto si apprende, nelle ultime ore ha avuto contatti con tutti i protagonisti del negoziato e ha anche tenuto informati i partner europei e dei paesi del Golfo, come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, sulla continua disponibilità italiana ad offrire qualsiasi tipo di supporto alla mediazione Iran-Usa. "L'Italia vuole semplicemente essere un ponte di pace, non abbiamo ambizioni di nessun tipo", aveva spiegato Tajani.

Il primo incontro tra Witkoff e Araghchi, che si erano scambiati dieci messaggi attraverso il ministro degli Esteri omanita Badr Albusaidi, si era chiuso senza alcun reale passo avanti, nonostante alla fine dei colloqui indiretti a Muscat una settimana fa c'era stato un brevissimo faccia a faccia, un primo contatto diretto dopo molto tempo. E anche il nuovo round negoziale parte con linee rosse ben demarcate da entrambi le parti e in un clima di diffidenza reciproca. "Siamo pronti a costruire fiducia rispetto a possibili preoccupazioni riguardo al nostro programma nucleare ma la questione dell'arricchimento dell'uranio non è negoziabile", ha chiarito Araghchi. In un'intervista a Fox News, Witkoff ha lasciato intendere che l'obiettivo degli Usa è impedire agli ayatollah di dotarsi dell'arma nucleare, tollerando tuttavia un certo margine di arricchimento dell'uranio (al 3,67% come prevedeva l'accordo Jpcoa del 2015 poi abbandonato da Trump, contro l'attuale 60%).

Salvo poi chiarire su X che "l'Iran deve interrompere ed eliminare il suo programma di arricchimento nucleare e di armamento". La richiesta degli Usa, secondo il Guardian, sarebbe quella di trasferire le scorte di uranio arricchito accumulate finora in un Paese terzo, come la Russia. Proposta alla quale però Teheran si oppone.

In questa situazione è arrivato a Teheran il direttore dell'Aiea Rafael Mariano Grossi per incontrare Araghchi e il capo dell'Organizzazione per l'Energia Atomica dell'Iran, Mohammad Eslami. Una missione accompagnata da un nuovo avvertimento del capo dell'Agenzia: l'Iran "non è lontano" dal possedere una bomba atomica.

"È come un puzzle: hanno i pezzi e forse un giorno potrebbero rimetterli insieme. C'è ancora molta strada da fare prima di arrivarci. Ma non sono lontani, dobbiamo ammetterlo", ha affermato in un'intervista a Le Monde. "Non basta dire alla comunità internazionale 'non abbiamo armi nucleari' perché ci credano. Dobbiamo essere in grado di verificarlo", è la richiesta rivolta a Teheran da Grossi.

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