La riforma, approvata nei giorni scorsi in consiglio dei ministri, che limita l'acquisizione della cittadinanza ai discendenti di italiani di prima e seconda generazione, è caduto come un fulmine a ciel sereno in Argentina, uno dei paesi con la maggiore comunità di migranti all'estero e che più ha usufruito delle possibilità offerte dall'affermazione del principio dello ius sanguinis nel 1992.
La notizia viene rilanciata nelle pagine principali dei maggiori portali di notizie con toni anche drammatici, segno che la decisione imposta dal governo Meloni ha prodotto un impatto significativo. "Drastica svolta", titola sul tema il quotidiano La Nacion, che parla di "una cattiva notizia per migliaia di argentini che mirano ad ottenere un passaporto italiano per trasferirsi in Europa". Il Clarin parla invece di una "dura restrizione" imposta dal governo Meloni che "ha inasprito notevolmente le leggi sulla cittadinanza" con "una misura che esclude migliaia di argentini che avrebbero potuto scavare a fondo nella loro storia familiare per cercare di ottenere l'ambito passaporto italiano".
Negli ultimi anni, si segnala, "avere un passaporto europeo è stata l'aspirazione di molti discendenti degli immigrati giunti nel nostro Paese dal Vecchio Continente" tenendo conto che "la cittadinanza italiana, rispetto a quella spagnola, era la più accessibile".
Si calcola che in Argentina ci siano circa 25 milioni di discendenti di italiani e 1,5 milioni di persone in possesso della cittadinanza. Nel 2023 sono state approvate circa 20.000 pratiche mentre nel 2024 il numero è salito a circa 30.000. Tra gli argentini che hanno ottenuto la cittadinanza l'anno scorso figura anche il presidente Javier Milei.
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