L'onda lunga del caso Paragon travolge il Parlamento inasprendo ancora di più il già concitato dibattito politico. Il rifiuto del governo di riferire di nuovo in aula sugli aspetti 'oscuri' dell'uso dello spyware Graphite viene etichettato dall'opposizione come "un grave vulnus al principio di trasparenza e alla funzione di controllo" del Parlamento.
Palazzo Chigi, dal canto suo, spiega che sulla questione sono state fornite tutte le "informazioni pubblicamente divulgabili" nel precedente intervento del ministro Ciriani la settimana scorsa. Ogni altro aspetto - aggiunge il governo - sarà discusso al Copasir, il Comitato per la sicurezza della Repubblica, che proprio oggi è tornato a riunirsi per ascoltare il direttore dell'Aisi, Bruno Valensise, così come avvenuto esattamente una settimana fa con l'omologo dell'Aise, Giovanni Caravelli. A ribadire l'intenzione del governo di far riferimento al Comitato è lo stesso Ciriani, al termine di una capigruppo serale, in cui le opposizioni hanno chiesto al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, di "riconsiderare" le proprie decisioni. "Il governo - il senso delle parole del ministro per i rapporti con il Parlamento - risponderà alle interrogazioni riguardanti l'uso di Paragon al Copasir".
Il caso è esploso nel primo pomeriggio quando Partito Democratico e Italia Viva hanno reso noto pubblicamente il rifiuto da parte del governo di rispondere, durante il question time alla Camera, a due interrogazioni parlamentari sul caso Graphite, lo spyware di Paragon Solutions finito nell'occhio del ciclone per aver 'spiato' - tra gli altri - anche il direttore di Fanpage Francesco Cancellato e alcuni membri di Mediterranea saving humans, compreso il fondatore Luca Casarini.
Nelle interrogazioni le opposizioni chiedevano al governo di chiarire se procure e polizia penitenziaria fossero tra gli utilizzatori del software spia. In una lettera inviata al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, il sottosegretario Alfredo Mantovano si è appellato all'articolo 1341 del regolamento dell'Aula spiegando che la materia delle interrogazioni "è stata ed è oggetto di audizioni presso il Copasir" e che già il ministro Ciriani, il 12 febbraio scorso, aveva "fornito le uniche informazioni pubblicamente divulgabili". "Ogni altro aspetto delle vicende di cui trattasi - scrive - deve intendersi classificato" e, anche se richiamato in futuri atti, "non potrà formare oggetto di informativa da parte del governo se non nella sede del Copasir".
Proprio al Comitato - dopo Caravelli - oggi ha riferito Valensise. Altre audizioni dovrebbero seguire nelle prossime settimane da parte dell'organismo parlamentare che sta approfondendo la vicenda. L'Intelligence, in accordo con Paragon Solutions, ha sospeso l'operatività dello strumento in attesa dei risultati della 'due diligence' in corso. Anche l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale sta svolgendo accertamenti. Il governo aveva assicurato che l'utilizzo del software da parte dei servizi è avvenuto nel rispetto "rigoroso" delle leggi che prevedono una serie di soggetti tutelati, "in primis i giornalisti". Attacca l'opposizone.
"L'opinione pubblica ha il diritto di conoscere la verità", tuona dal Pd Sandro Ruotolo mentre Nicola Fratoianni, di Avs, definisce "gravissimo" il rifiuto del governo di riferire su Paragon. "Gli esponenti del governo sono veramente pericolosi, gestiscono dossier molto seri con un dilettantismo che non ha precedenti", scrive il deputato M5S Francesco Silvestri chiedendo alla premier Giorgia Meloni di presentarsi in Parlamento per "dare spiegazioni sulle tante e crescenti ombre che si addensano su questa vicenda". "Il segreto di Stato - chiosa il capogruppo di Italia Viva alla Camera, Davide Faraone - non può essere messo per procure e polizia penitenziaria. Per cui il governo, che ha l'atteggiamento di chi è stato colto con le mani nella marmellata, deve dirci se è stato utilizzato".
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