Riforme "brandite come clave" contro "sentenze scomode". E accuse di "politicizzazione" e di "eversione" rispedite al mittente con "sconcerto". Lo scontro tra politici e magistrati continua inesorabile, mentre la polemica esplosa con la condanna a 8 mesi per il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro sul caso Cospito, è solo l'ultimo capitolo di una saga, quella giudiziaria, che tormenta l'Italia dagli anni '70 - con i famosi "Pretori d'assalto" di cui si parlò in occasione dello 'scandalo petroli' - ai giorni nostri. Raggiungendo vertici indimenticati negli anni di Mani Pulite e dei governi Berlusconi.
La sentenza contro Delmastro "sembra più una scelta politica finalizzata a dare un colpo alla riforma della giustizia", osserva il vicepremier Antonio Tajani, "ma noi sulla riforma andremo avanti" perché "va nell'interesse dei cittadini e della stessa magistratura". Parole che richiamano quelle della premier, Giorgia Meloni, che, dopo essersi detta "sconcertata" e dopo aver sottolineato come il Pm avesse chiesto invece l'assoluzione, 'blinda' di fatto Delmastro al governo. Una blindatura che rafforza il sottosegretario che commenta: "Sono stato eletto anche per riformare la giustizia" e "vado avanti".
La reazione sul verdetto di Roma ricorda la vicenda 'Open Arms' che si è conclusa a dicembre con l'assoluzione dell' altro vicepremier, Matteo Salvini. Durante tutto il processo e anche dopo, la maggioranza ha invocato, definendola "sempre più necessaria", la riforma della separazione delle carriere. La stessa che Berlusconi tentò di far approvare più volte, invano, e che è sempre stata ostacolata dalle toghe e da parte delle opposizioni, a cominciare dal leader M5S Giuseppe Conte che ha più volte ricordato come fu "la P2" a chiedere di separare le carriere di Giudici e Pm.
Al momento, il ddl costituzionale, che il governo ha presentato in Parlamento il 13 giugno 2024 ed è stato approvato dalla Camera il 16 gennaio, è ora all'esame della Commissione Affari Costituzionali del Senato dove è in corso un ciclo di audizioni (circa 30) prima di passare alla fase degli emendamenti prevista per fine marzo. Ma il braccio di ferro sulla giustizia coinvolge anche altri provvedimenti. Oltre alla separazione delle carriere, contro la quale i magistrati sono pronti a scendere in piazza il 27 febbraio, ci sono anche il ddl Sicurezza e il progetto di legge di Pierantonio Zanettin (FI) che mette il tetto di 45 giorni alle intercettazioni. Anche il primo è in Commissione Affari Costituzionali del Senato, dove sono stati votati sinora gli emendamenti fino all'articolo 27.
Ma "va troppo a rilento" accusa la maggioranza, tanto che il capogruppo di FI Maurizio Gasparri, ipotizza la presentazione di un decreto per bypassare "l'ostruzionismo delle opposizioni". E forse anche i rilievi che, si racconta, sarebbero stati presentati dal Colle. Per quanto riguarda invece il ddl Zanettin ha preso il via oggi, nell'Aula della Camera, la discussione generale senza che fosse presente alcun esponente del ministero della Giustizia. Ma c'è anche un altro testo che crea fibrillazioni, stavolta nella magistratura contabile: la riforma della Corte dei Conti firmata dal ministro Tommaso Foti (FDI).
Per la quale sono stati depositati 140 subemendamenti alle proposte di modifica dei relatori. Lo scontro però è a 360 gradi e va oltre le riforme. Martedì a far salire la tensione contribuiranno sia la discussione generale sulla mozione di sfiducia al Guardasigilli Carlo Nordio - al centro delle polemiche per i casi Almasri e Paragon - sia il voto di un'altra mozione di sfiducia, quella presentata sempre dalle opposizioni, contro la ministra Daniela Santanché rinviata a giudizio per false comunicazioni sociali in merito al caso Visibilia. Intanto i capigruppo al Senato di Pd,M5S,Avs,Iv e Minoranze linguistiche scrivono al presidente Ignazio La Russa per chiedere al più presto un 'Premier Time' e per sollecitare l'esame anche dei ddl delle opposizioni, a cominciare dal fine vita.
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