(di Luciano Fioramonti)
''In un tempo apocalittico come il
nostro credo che voci come la mia siano fondamentalmente
necessarie. Se poi arriva a dieci, cento o a mille persone è un
aspetto che non dipende da me. Un segno di questa caparbietà è
portarla avanti a dispetto di uno scenario del sistema
cultura/spettacolo che va in direzione opposta''. Marco
Filiberti riflette sulla sua idea di teatro dopo il successo
delle due recite di 'Intorno a don Carlos: prove
d'autenticità'', potente lavoro incentrato sulla parola e sul
corpo messo in scena nei giorni scorsi a Siena al Teatro dei
Rozzi. Il regista e drammaturgo milanese, trapiantato da anni in
Val d' Orcia, ha riproposto il suo testo del 2017 ispirato al
capolavoro di Friedrich Schiller sul potere, gli amori e l'
amicizia, sfrondato da ogni elemento scenografico per affidarsi
totalmente alla capacità dei cinque attori di rendere palpabili
le 'solitudini a confronto' dei personaggi. Un kammerspiel che
richiede impegno e attenzione allo spettatore, teatro da camera
raffinato di dialoghi serrati e movimenti coreografici, un
'recitar danzando'' di sentimenti tra buio e squarci di luce e
colori che richiamano Rembrandt. Lunghi applausi sono andati a
tutti i protagonisti, Pietro Bovi, Diletta Maselli, Luca
Tatangeli, Massimo Odierna e Giacomo Mattia.
''Non ho mai creduto in un arte meramente di intrattenimento
o che deresponsabilizzi i fruitori - spiega all' ANSA - . Il
senso di responsabilità è diverso tra l' artista e gli
spettatori ma ridotta solo a strumento di intrattenimento per me
svilisce ontologicamente il suo mandato. Deve rigenerare l'
umanità, essere uno strumento di salvezza come credevano
Schiller, Goethe, Holderlin, Novalis, espressione della visione
laica e spirituale del Romanticismo, l' ultima grande
manifestazione antropoculturale dell' Occidente''.
Intorno a Don Carlos è nata dopo una lunga riflessione sul
declino e il tracollo culturale dell' Occidente. ''Venivo da una
esperienza teatrale enorme - ricorda Filiberti - , la trilogia
del Teatro delle Muse conclusa con lo spettacolo il Crepuscolo
d' Arcadia, la messa in scena della nostra Apocalisse ma anche
la follia più grande della mia vita''. Un lavoro di quattro ore
con 18 attori sul palcoscenico, che invadeva tutto lo spazio
teatrale. ''Dopo questa prova avevo bisogno di un kammerspiel,
di tornare a dialogare con pochi personaggi in una sfera
profondamente intima come avviene nel Don Carlos''.
Perchè i suoi spettacoli vengono rappresentati raramente? ''Non
ho mai avuto problemi con il pubblico o a critica ma con il
sistema spettacolo. Per portare gli attori a questi risultati
serve un tempo di prova quadruplo e già questo si traduce in
costi. Gli allestimenti in genere devono essere montati in un
giorno e mezzo e smontati in un giorno. Per spostare uno
spettacolo da un teatro all' altro hai bisogno almeno di cinque
giorni di disponibilità della sala. Per questo i miei lavori
sono destinati ad essere proposti come eventi speciali o all'
interno di Festival''.
Filiberti nei prossimi mesi riprenderà i Cahiers d' écriture
proustiani, prima parte di un progetto più vasto dedicato alla
Récherche, che avranno una prima tappa in giugno a Padova. ''Sto
anche lavorando alla costruzione del mio nuovo film ambientato
nell' alta borghesia torinese e milanese degli anni Settanta e
devo terminare il mio primo romanzo intitolato Canto d'
estate''. Intorno a Don Carlos, prodotto dalla sua associazione
culturale Le vie del Teatro in Terra di Siena, tornerà in scena
con tutta probabilità la prossima stagione. Il regista dice di
aver sperimentato gli stessi conflitti tra autenticità e storia
della vicenda schilleriana. ''Tutto quello che ha cercato di
imbavagliarmi nella vita sicuramente è presente nelle relazioni
eversive di quest' opera: avere un binario stretto con un cuore
grande è una dialettica con la quale ho dovuto avere a che fare.
Schiller, in cui convergono idealismo e una istanza di
spiritualità, vedeva l' uomo per quello che avrebbe potuto
essere e non è stato e riassume il senso del mio essere
artista in un contesto storico come questo. Non importano i
fallimenti e i successi, c' è qualcosa che è più forte''.
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