Bocciato perché cognitivamente "troppo dotato", un ragazzo di seconda media abitante in provincia di Vicenza è stato promosso dal Tar del Veneto, che ha accolto il ricorso dei genitori dello studente contro la decisione della scuola.
La sentenza, di fatto, non cambierà le cose per il ragazzino, perché era già stato ammesso alla terza in via provvisoria. Ma i giudici amministrativi hanno stabilito che c'è stata un'inadempienza della stessa scuola, che non avrebbe affrontato il caso con gli strumenti a sostegno di chi ha capacità intellettive superiori. Un pronunciamento che ha portato anche alla condanna del ministero dell'Istruzione e del Merito, che dovrà rifondere le spese di lite per 2.000 euro.
All'alunno è stato riscontrato un quadro di "plus dotazione cognitiva", che gli provoca elementi di ansia da prestazione e tendenza al perfezionismo, oltre a una bassa autostima in classe. Un quadro che gli specialisti definiscono come "neurodiversità della plusdotazione cognitiva" e che evidenzia i cosiddetti "bisogni educativi speciali" (Bes), da affrontare con piani educativi personalizzati.
Secondo il ricorso della famiglia, la scuola non avrebbe però curato questo aspetto. Anzi, in maniera contraddittoria avrebbe inserito il ragazzo nelle attività di recupero estive ma avrebbe escluso che i debiti formativi sarebbero potuti essere colmati.
Il dirigente scolastico avrebbe valutato la sua situazione senza fare esprimere il consiglio di classe.
La mancanza dell'istituto riguarda, a detta dei giudici amministrativi, il non aver preparato delle "strategie utili" anzitutto per l'attività didattica, che spesso annoiano i ragazzi "plusdotati", la limitazione dei compiti routinari, o la loro sostituzione con verifiche di tipo più creativo. Sarebbe stato utile integrare le attività con degli approfondimenti e dei compiti "sfidanti e motivanti", aggiungere materiali didattici e di approfondimento più complessi, considerare la possibilità di processi di ragionamento più creativi e "divergenti" rispetto al solito.
Il sentirsi a disagio perché "diversi" rispetto alla media dei ragazzini può venire mitigato dal lavoro con e per i compagni, con la mediazione dell'insegnante, e così si sarebbe ovviato anche a quella sensazione di esclusione, di vulnerabilità emotiva e di immaturità. Per tutto questo il Tar, a conclusione della sua analisi, ha accolto il ricorso presentato dall'avvocato della famiglia e ha annullato la bocciatura.
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