"Quando ritorni a fare una cosa
dopo tanto tempo, è come se non avessi mai interrotto", così
Ninni Bruschetta dopo la prima nazionale di "Pandemia",
mattatore sul palco del ridotto del Teatro Comunale dell'Aquila.
Protagonista dello spettacolo, con la regia di Giuseppe
Dipasquale e l'amichevole partecipazione di Roberto Lipari, è
una coppia, Bruschetta e la giovane Federica De Benedittis che,
partendo dal 1920, attraversano un secolo accompagnati dallo
spettro della "malattia". La coppia vive un delirio che subisce
una declinazione beffarda e comica della pandemia, morendo e
risorgendo più volte, giocando dentro la sua assurda casualità.
"Pandemia", prodotto dal Teatro Stabile d'Abruzzo diretto da
Giorgio Pasotti, è un progetto Ionesco #juexdemassacre. Tra il
dramma e l'ironia, nell'alternanza tra amore e morte tratto
distintivo del teatro dell'assurdo di Ionesco, la coppia cambia
epoca e scena, tenendo il pubblico incollato alla sedia
esprimendosi in musica, intelligente comicità e punte di alta
drammaticità. "Mi è mancato il palco, ma sono stato comunque
impegnato nel preparare spettacoli approfittando del rock down,
grazie alla buona politica fatta dai teatri stabili di
continuare a dare lavoro in prospettiva del debutto", continua
Bruschetta. "Quando sali sul palco ti fai dirigere e l'unica
cosa che puoi fare è stare in scena con gli altri attori. In
Pandemia il rapporto è limitato a una sola attrice, che per me è
stata fondamentale. Federica è la regina dell'ascolta, perchè sa
stare in scena ascoltando quello che l'altro fa. È pertanto
presente sia come personaggio, sia come attrice. Giuseppe ci ha
dato la possibilità di cambiare personaggio di continuo: la vera
prova d'attore. Nei panni del cieco (ultima scena) mi sono
esaltato perchè la recitazione è di livello complesso, come
dimostrano i pochi casi di ciechi in scena sia nel teatro, sia
nel cinema", conclude Bruschetta. La sequenza di applausi a ogni
scena e la risata partita al momento giusto è stata la prova del
successo dello spettacolo.
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