Gli allevatori di cani di razza,
grandi e piccoli, sono in pieno caos. "Nonostante i dubbi e le
ufficiose assicurazioni sul fatto che non fosse ancora
pienamente operativa una Direttiva Ue - che istituisce una banca
dati europea sugli allevamenti di animali - improvvisamente si
sono moltiplicati, in molte regioni, i controlli negli
allevamenti da parte delle Asl veterinarie (coadiuvate da
carabinieri forestali, Nas e Polizia locale)", spiega il Gruppo
allevatori cinofili (Gac).
Controlli, fanno notare gli allevatori, "che tendono ad
applicare un 'Manuale operativo' che accompagna il Dl che ha
recepito la Direttiva Ue (n. 134/2022) e che risulta quello più
contestato dalla gran parte degli allevatori amatoriali (quasi
l'80% degli oltre 8mila totali). Il manuale - prosegue la nota
egli allevatori - contiene una modifica alla legge nazionale di
settore che riduce da 5 a 3 il numero massimo di fattrici che
possono essere detenute in un allevamento amatoriale e impone la
realizzazione di strutture fino ad oggi previste solo per il
'professionale', pena il blocco dell'attività. E tutto questo -
tuonano gli allevatori - nell'assoluto, e sospetto, silenzio di
Enci, l'Ente nazionale per la cinofilia in Italia, sodalizio che
dovrebbe rappresentare il mondo allevatoriale".
"Giorni fa - spiega Attilio Presta, portavoce del Gac -
l'Enci, attraverso il suo presidente, Dino Muto, aveva risposto
a una mia mail assicurando il pieno appoggio, in sede di tavoli
ministeriali (Politiche Agricole e Sanità), alle proposte e alle
esigenze prospettate dagli allevatori dei cani di razza,
soprattutto riguardo alla richiesta di una moratoria, quantomeno
uno slittamento della data (6 febbraio) annunciata per l'entrata
in vigore della Direttiva e dei suoi strumenti operativi.
Invece, abbiamo notizie certe e documentabili che, pur in
assenza di questi strumenti attuativi, i controlli sono partiti,
con sanzioni da un minimo di 500 fino a qualche migliaio di
euro, diffide e minacce di sequestro per le fattrici in eccesso,
contestazioni circa la mancanza di idonee strutture con il
conseguente divieto di fare cucciolate fino ad avvenuta
regolarizzazione", conclude la nota.
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