BRUXELLES - "L'aiuto umanitario rimane la principale fonte di cibo per l'80% delle famiglie in tutti i governatorati, mentre la produzione alimentare e i sistemi alimentari a Gaza sono stati gravemente indeboliti", spiega Natalia Anguera, responsabile delle operazioni in Medio Oriente per Azione Contro la Fame, uno dei pochi partner del Programma Alimentare Mondiale (WFP) con scorte di cibo per le cucine delle comunità nel nord di Gaza. "Ciò significa che, se l'ingresso degli aiuti umanitari continua ad essere bloccato, 8 famiglie su 10 a Gaza non saranno in grado di accedere al cibo. La mancanza di cibo, acqua pulita e medicine - aggiunge - stanno causando un aumento della malnutrizione nei bambini, che risentono di ritardi della crescita e hanno bisogno di sufficiente qualità e quantità di sostanze nutritive per sopravvivere".
Azione Contro la Fame e altre organizzazioni - informa una nota - riscontrano che sempre più famiglie stanno adottando strategie di adattamento per allungare le scarse scorte di cibo rimanenti dalle distribuzioni di aiuti passate. Ad esempio, mescolano maccheroni schiacciati con farina, riducendo la dimensione e la frequenza dei pasti, limitando il consumo di pane ai bambini o a un pezzo al giorno per ciascun componente della famiglia. "Siamo costretti a distribuire gli aiuti dando priorità in base al grado di necessità", dice un operatore di Azione Contro la Fame a Gaza. "Si tratta di una scelta molto difficile, in quanto significa che alcune famiglie potrebbero non ricevere l'aiuto di cui hanno bisogno, nonostante le circostanze di emergenza. È capitato che il numero di persone seguite dai nostri programmi nutrizionali abbia superato il numero di integratori alimentari disponibili per le esigenze dei loro bambini. Inoltre, i ripetuti ordini di sfollamento hanno causato instabilità e tensioni, ostacolando il nostro accesso nelle aree mirate e incidendo sulla consegna puntuale degli aiuti".
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