"Le mie gang di naziskin non sono mai cool. E' tutto brutto quello che racconto, proprio come nella serie italiana Gomorra, qui nessuno è fico''. Il regista israeliano Guy Nattiv, che presenta a Ischia Global Film & Music festival il suo doppio Skin (il corto Premio Oscar e il lungometraggio che in Italia sarà distribuito da SunFilm Group) racconta il male e rivela di avere due angeli. ''Sting e Trudie Styler - dice indicando la produttrice inglese moglie della pop star, che accompagna appassionatamente i film in questa anteprima italiana - li conoscevo poco ma quando hanno visto il corto hanno subito voluto sostenere anche il film".
"Eppure - aggiunge il regista - erano anni che e io e mia moglie bussavamo alle porte di tanti produttori per realizzare un lungometraggio, da quando nel 2011 avevamo acquisito i diritti della storia di questo skinhead pentito. Un film sui naziskin in America? Mi dicevano: tra poco sarà presidente Hillary Cinton e di queste cose sarà inutile parlare, saranno poco attuali. Poi invece è stato eletto Trump ed è cambiato tutto, c'è stato l'episodio di Charlottesville (due anni fa la città della Virginia è stata al centro di scontri tra manifestanti di estrema destra e anti razzisti, ndr), i massacri, ed ora il neonazismo è davvero un problema nazionale - racconta Guy Nattiv con amarezza accanto alla moglie Jaime Ray Newman anche lei produttrice - insomma, ci eravamo quasi arresi ed avevamo girato il corto con uno storia vera sullo stesso tema (quella di un neonazista che insegna al figlioletto ad uccidere i messicani, ndr). E inaspettatamente quest'anno abbiamo vinto l'Oscar!".
La storia del lungometraggio, già applaudito ai festival di Toronto e Berlino, è quella di Byron Widner, interpretato da Jamie Bell, un neonazista pentito dell'Ohio con il corpo cosparso di tatuaggi simboleggianti l'odio. "Una parola che non si dovrebbe mai pronunciare. Questa è anche una storia di redenzione, un film che speriamo vedano tutti" dice la Styler.
Per girarlo Nattiv, che proviene da una famiglia vittima dell'Olocausto, ha cambiato la sua vita e lasciato definitivamente Tel Aviv per trasferirsi a Los Angeles, una decisione presa anche per amore della compagna con la quale condivide tutto. "Bell ha fatto un grande lavoro - dice parlando del protagonista - ha avuto la possibilità di trascorrere una settimana con il vero Byron, non volevo un macho ma un uomo che potesse ispirare anche compassione".
Cosa racconta di nuovo questo film rispetto all'ormai classico American History X con Edward Norton? "Lo scenario è completamente cambiato. Venti anni fa questo fenomeno delle gang nazi-skin era negli Usa agli inizi, potremo definirlo quasi ingenuo. Oggi è dilagante. Dopo l'11 settembre tutti si sono sentiti più liberi di esprimere l'odio". (ANSA)
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