Circa 80 casi nel mirino della
procura di Napoli con una ventina di indagati: dallo stretto
riserbo degli inquirenti trapelano questi primi dati in
relazione all'inchiesta in corso da tempo su un giro di ingressi
illegali di migranti nel territorio campano, tema rilanciato
dalla premier Meloni tre giorni fa anche con un esposto alla
Procura nazionale antimafia.
Il filone investigativo si concentrerebbe per ora sull'area
vesuviana e sugli ingressi di immigrati dal Bangladesh. La
catena dell'illegalità coinvolgerebbe imprese compiacenti ma
anche intermediari, legali, consulenti dei Centri di assistenza
fiscale, impegnati a vario titolo nelle pratiche per fingere che
i migranti giungessero in Italia con la sicurezza di un posto di
lavoro. Ogni ingresso illegale sarebbe stato pagato diverse
migliaia di euro, che l'organizzazione criminale divideva tra i
suoi affiliati. L'inchiesta è ancora in pieno svolgimento, e non
si esclude che anche la criminalità organizzata locale possa
avere avuto un ruolo nella vicenda. Così come la rete per gli
ingressi dal Bangladesh potrebbe essere stata replicata in altre
aree della Campania a beneficio di extracomunitari provenienti
da altri Paesi.
"Stiamo sul pezzo e non siamo preoccupati: abbiamo migliaia
di uomini delle forze dell'ordine, abbiamo magistrati di
altissimo livello e monitoriamo qualsiasi
tipo di fenomeno", era stato due giorni fa il commento del
procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, a chi chiedeva di
commentare l'allarme lanciato dalla presidente del Consiglio sul
'caso Campania'. "Il governo - aveva detto Meloni - ha
monitorato i flussi di ingresso in Italia per motivi di lavoro e
i dati che sono emersi sono inquietanti. Da alcune regioni, su
tutte la Campania, abbiamo registrato un numero di domande di
richiesta di lavoro per extracomunitari sproporzionato rispetto
ai datori di lavoro".
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