(di Claudio Sebastiani e Angela Rotini)
Andrea Prospero, studente
universitario al primo anno di informatica all'Università di
Perugia, è morto suicida nella camera dove è stato trovato,
presa in affitto nonostante alloggiasse in un ostello. Ma ad
ammazzarsi è stato "aiutato" da un ragazzino come lui, appena
diciottenne, romano, che da oggi è agli arresti domiciliari per
istigazione al suicidio. Diciottenne mai incontrato di persona e
conosciuto sul web solo con il suo nick name, al quale però
aveva confidato problemi, ansie ed insofferenze rispetto alla
vita universitaria e il pensiero di uccidersi. Così come sul web
aveva contattato, ma anche in questo caso mai visto, un altro
coetaneo originario della Campania, indagato per avergli venduto
il medicinale oppiaceo che portò alla morte (per questo il reato
ipotizzato è cessione di stupefacenti).
É questo il quadro ricostruito dall'indagine della Procura di
Perugia, che ha coordinato l'attività della squadra mobile e
della polizia postale sulla morte dello studente. "Solo il primo
tassello" dell'inchiesta, hanno però evidenziato gli inquirenti:
perché legati alla morte di Prospero ci sono diversi punti
ancora da chiarire. Come l'affitto della camera, con i familiari
tenuti all'oscuro, e soprattutto le 46 sim card trovate nella
stanza, oltre a cinque telefoni cellulari e un computer
portatile. Tutto materiale ritenuto non giustificabile con la
vita da studente e le condizioni economiche. E di cui, anche in
questo caso, i genitori di Andrea nulla sapevano. "Ditemi chi
era mio figlio, perché quel ragazzo trovato con telefoni, sim e
carte di credito non è il ragazzo che ho conosciuto per 19 anni.
Le cose non tornano", disse non a caso il padre Michele qualche
giorno dopo il ritrovamento del corpo. L'altro aspetto da
scandagliare in maniera approfondita è la provenienza dei
farmaci oppiacei con cui Andrea si è ucciso: nella stanza ne
sono stati trovati diversi blister, alcuni dei quali vuoti.
Lo studente è stato definito un giovane apparentemente
tranquillo e senza particolari problemi Molto attento alla
propria privacy, sia nella vita reale che in rete dove però
aveva rapporti con diversi soggetti. In particolare con uno al
quale aveva confidato problemi ed ansie. Al suo "amico virtuale"
- ritengono gli inquirenti - aveva chiesto consigli in merito
alla scelta del mezzo più idoneo e più indolore per il suicidio,
venendo più volte incitato e incoraggiato a farlo. Le chat
estrapolate dalla polizia hanno fornito elementi per dire che
possa essere stato proprio il suo interlocutore a confortare la
scelta dello studente di informatica di togliersi la vita
mediante l'ingestione di farmaci (consigliando tra l'altro di
farlo bevendo del vino), incoraggiandolo e rassicurandolo anche
sul fatto che utilizzando gli oppiacei non avrebbe sentito
dolore ma piacere,
A quel punto, Prospero, era riuscito ad acquistare il farmaco
da un altro utente della chat, facendosi spedire il tutto in un
punto di ritiro e giacenza pacchi. Alla fine di gennaio si era
quindi recato presso l'appartamento preso in affitto, si è
seduto davanti al computer ed è entrato nella stanza virtuale.
Ed è su quella chat di Telegram che ha avuto un ripensamento che
avrebbe potuto salvargli la vita. All'amico on line aveva
infatti confessato di non avere la forza di compiere il gesto,
chiedendogli un ulteriore incoraggiamento. E lui, invece che
distoglierlo, avrebbe fatto di tutto per fargli superare la
paura. "Mangia tutte e sette le pasticche e basta", "ce la puoi
fare". "Se vuoi ammazzarti ammazzati e zitto" alcuni dei
passaggi agghiaccianti delle chat.
Sulle chat c'è anche quello che gli inquirenti definiscono un
ulteriore particolare "drammatico e crudo". L'interlocutore
dello studente, infatti, saputo che i farmaci erano stati
assunti, anziché chiamare i soccorsi - hanno spiegato ancora gli
inquirenti -, "si preoccupava soltanto dei possibili rischi di
poter essere identificato, a seguito del ritrovamento del
cellulare".
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