Dal 2019 al 2024 nel racconto della
stampa italiana sulle condizioni di disagio dei minori in
Campania, si nota una costante ricorrenza dei termini
'violenza', 'camorra', 'babygang', 'arma', 'coltello',
'pistola', 'carcere'. E' quanto riporta una ricerca svolta dalla
Fondazione Polis della Regione Campania, finanziata dal Mur
(nell'ambito del Fondo per la ricerca in campo economico e
sociale) che tiene conto anche delle ricadute che ha provocato
il Covid sugli alunni e sulla società.
E proprio in concomitanza con l'emergenza Covid, la ricerca
ha evidenziato il peso che hanno assunto i termini
'vulnerabilità', 'cyberbullismo' ed 'emarginato' che sarebbero
riconducibili all'isolamento sociale e alle conseguenze
indirette della pandemia.
Altro dato significativo riguarda, nei sei anni presi in
esame, il racconto delle cronache relativo alla parola 'scuola'
nella duplice accezione di "principale presidio per la
socializzazione e la formazione dei minori" e, d'altro lato, di
"spazio in cui si possono verosimilmente manifestarsi fragilità
e criticità individuali socialmente rilevanti".
E così, anche dai termini usati, si percepisce come l'emergenza
Covid abbia segnato la vita scolastica, quella sociale e
giovanile. Lo studio, infatti, evidenzia un dato importante: se
nel biennio 2019-2020 le associazioni tra termini quali, ad
esempio, 'scuola-violenza', 'camorra-violenza', 'giovane-baby
gang', 'giovane-camorra', 'giovane-carcere', "sembrerebbero
rimandare ad una narrazione giornalistica che inscrive
inevitabilmente il disagio giovanile in una dimensione spesso
fortemente connessa a manifestazioni di criminalità
organizzata", a partire dall'emergenza Covid questi termini
"iniziano ad essere contestualizzati entro dinamiche più ampie,
in una commistione con nuove forme, socialmente significative,
di disagio individuale e marginalità, anche relazionale".
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