(di Patrizia Vacalebri)
(ANSA) - Coerentemente con la scelta di alimentarsi con i principi vegani, il passo successivo dell'osservante di questa filosofia è quello di selezionare un abbigliamento realizzato secondo gli stessi principi di rispetto degli animali e della natura. In Italia cominciano a nascere nelle grandi città i primi negozi di moda 100% vegan, e con questi arrivano anche i primi marchi specializzati in abbigliamento 100% vegan, come Kerol D, che realizza abiti e accessori attenendosi ai principi vegani.
Ma come riconoscere un abito o una borsa 100% vegan? Intanto la prima cosa da controllare è l'etichetta. Allo stesso tempo bisogna guardare ai materiali. Naturalmente le pellicce non rientrano nel guardaroba di 'lady vegan', ma bisogna fare attenzione anche ai dettagli di pelliccia (polsi, cappucci) che vanno bene se si tratta di eco-pelo. Il secondo tabù della vegana osservante è nei confronti della pelle di scarpe e borse. Le alternative sono l'alcantara o la "finta pelle". Sul web molti negozi on-line offrono una vasta scelta di scarpe vegan.
"Gli animali non li ho uccisi io, visto che vengono anche mangiati" è l'obiezione più diffusa. Qui la vegana convinta sa come obiettare. Intanto, lei lo sa, la pelle più a buon mercato che proviene dall'India è ottenuta uccidendo l'animale appositamente per la pelle, non per la sua carne. La pelle è un prodotto che si può ottenere solo uccidendo animali. Per questo le vegane la evitano e optano per materiali sintetici, come la lorica e altri, traspiranti e morbidi. D'estate è più facile con le scarpe perché esistono modelli di tela o espadrilles. Anche nei normali negozi spesso si possono trovare scarpe non in pelle, basta chiedere. Alcuni negozi vendono una linea di "scarpe vegetariane" di produzione italiana. Si possono trovare nel database dei prodotti di VeganHome. Ma come riconoscere le scarpe veg in vendita nei negozi? Occorre esaminare l'etichetta che contiene le informazioni sulla composizione delle 3 parti della calzatura, distinte con tre simboli. Il primo indica il materiale della tomaia, il secondo si riferisce al rivestimento interno, il terzo specifica di cosa è fatta la suola. Se uno dei 3 simboli è quello del cuoio, la vegana può rimettere giù la scarpa. Una griglia a tratti indica le materie tessili e sintetiche. Un rombo per la gomma o altri materiali non animali. Se tutti e 3 i simboli sono rombo o griglia, la scarpa è vegana.
Altro tabù dei vegani sono parti in lana (considerato un tessuto ha come simbolo la griglia). Le informazioni devono riguardare l'80% del materiale mentre per il restante 20% non è necessario specificare il materiale usato. Quindi, in alcuni casi ci possono essere parti in pelle non visibili o dichiarate. Per quanto riguarda gli abiti l'uso della lana viene evitata dalla vegana ortodossa che conosce bene la procedura della tosatura della lana. Infatti, poche settimane dopo la nascita, alle pecore viene tagliata la coda senza anestesia, mentre per gli agnelli si procede alla castrazione. La tosatura viene praticata spesso con mezzi meccanici che provocano dolore e ferite; molte pecore soffrono il freddo e si ammalano dopo le tosature eseguite in pieno inverno. Infine, quando le pecore iniziano a produrre meno lana sono mandate al macello e sostituite con animali più giovani. Ma se la vegana rinuncia alla lana, come affronta le intemperie dell'inverno? Con il velluto, ad esempio, che viene realizzato con il cotone o i materiali sintetici; la ciniglia di cotone; la flanella; il pile. Ne esiste anche in forma di filato, per cui si possono realizzare maglioni a ferri, proprio come si fa per la lana. E lo stesso vale per la ciniglia.
Si passa ai piumini che, è ovvio, vanno evitati dalla vegana se imbottiti di piume. Pare infatti che le piume vengono strappate alle oche senza anestesia e l'inizio di questa pratica avviene spesso quando il pulcino ha otto settimane, ripetendo ogni due mesi fino a quando la qualità delle piume ne risente. A questo punto le oche sono uccise per la loro carne, o sottoposte a iper-alimentazione forzata, affinché il loro fegato si ammali per eccesso di grasso. Una volta uccise, la loro carne finisce in un'urna, pardon in un barattolo, di "paté de foie gras". Le piume d'oca possono oggi essere sostituite con imbottitura sintetica, come ad esempio il Fibrefil, sia nei giacconi che nei piumoni da letto.
Infine, la vera vegana aborre anche la seta, perchè pare che i piccoli bachi vengono bolliti vivi per estrarre la seta dei loro bozzoli! Al posto della seta si possono usare alternative vegetali o sintetiche come la viscosa.
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