Un faccia a faccia, a porte chiuse, fra le ragioni del management e quelle dei dipendenti di Volkswagen nel quartier generale del gruppo. Senza però un esito che faccia intravedere la luce nella crisi più profonda della storica casa automobilistica. Le posizioni a fine giornata non sono cambiate: il ceo Oliver Blume, contestato da un coro di "buuh" ha difeso le misure drastiche, che stanno facendo tremare migliaia di lavoratori in Germania.
Mentre la presidente del consiglio di fabbrica Daniela Cavallo, molto applaudita, ha minacciato una mobilitazione a oltranza, se non si arriverà a un compromesso accettabile entro Natale. A Wolfsburg era presente oggi però anche il ministro del Lavoro socialdemocratico Hubertus Heil, che ha spinto sulla garanzia per le fabbriche, riscuotendo a sua volta consensi: "Dobbiamo riuscire insieme ad assicurare gli impianti in Germania", ha affermato, a fronte della minaccia del management che ne vuole chiudere almeno tre. "Non devono esserci licenziamenti a causa dell'impresa, questo è chiaro", ha aggiunto, secondo quanto hanno riferito i partecipanti. Il momento è complesso. E d'altronde la tempesta che sta colpendo tutto il settore non è solo europea e la concorrenza morde ovunque: General Motors ha appena annunciato più di 5 miliardi di dollari in perdite e svalutazioni a causa della ristrutturazione delle sue joint venture in Cina con la forte concorrenza del Dragone che ha portato a forti svalutazioni dei prezzi. Così la Saic General Motors Corporation posseduta al 50% dalla casa americana e dalla cinese Sai sta ristrutturando le operazioni, con conseguenti svalutazioni non monetarie tra 2,6 e 2,9 miliardi di dollari e perdite di capitale di circa 2,7 miliardi di dollari.
Sul fronte Volkswagen "la situazione attuale è seria. Per questo abbiamo bisogno di misure che assicurino il futuro", ha ribadito Blume che ha spiegato che la pressione dei competitori cresce, mentre diminuisce la richiesta delle auto, "e a questo si aggiunge che i costi di lavoro in Germania sono diventati troppo alti". "Siamo interessati tutti a una soluzione - ha poi detto facendo riferimento allo scontro con Ig Metall e il consiglio di fabbrica che hanno convocato lo sciopero lunedì scorso e minacciano di intensificare le proteste -. Perciò bisogna andare avanti a negoziare, per arrivare a una soluzione sostenibile". Ma per il ceo, il piano presentato nei giorni scorsi dalla controparte, che rinuncerebbe agli aumenti di stipendio in cambio della garanzia dei posti di lavoro è ancora molto lontano dal punto di caduta accettabile per il futuro del gruppo. "I nostri prodotti sono buoni, adesso dobbiamo abbassare i costi. Possiamo costruire le migliori auto del mondo, ma questo non conta se non ci guadagniamo più soldi", ha concluso il ceo. Ig Metall e il consiglio di fabbrica non hanno allentato la presa. A due giorni dal primo sciopero di avvertimento, che stando al sindacato ha visto la partecipazione di 100 mila persone, l'italiana Daniela Cavallo, divenuta il volto della battaglia per salvare gli impianti, ha auspicato che la soluzione arrivi nelle prossime settimane: "È nelle mani del ceo stabilire cosa succederà qui entro Natale". "O andiamo verso un accordo e iniziamo a trovare compromessi, e questo vale per entrambi i lati. O se il ceo si ostina a mantenere il punto, si va all'escalation", ma "Vogliamo che si arrivi entro Natale a un lieto fine", la richiesta.
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