Per l'artrosi del pollice arrivano le miniprotesi, di ultima generazione, ispirate a quelle dell'anca.
Dolore e gonfiore alla base del pollice, impossibilità di compiere movimenti banali, come usare una spillatrice o un paio di forbici sono i campanelli d'allarme della rizoatrosi (artrosi della base del pollice, cioè dell'articolazione trapezio-metacarpale), la forma di artrosi più diffusa al mondo.
Se nelle prime fasi la terapia è affidata ai tutori e alla terapia anti-infiammatoria, negli stadi più avanzati la soluzione diventa chirurgica. E l'introduzione di speciali mini-protesi progettate per l'articolazione trapezio-metacarpale del pollice ha segnato una svolta nel trattamento di questa condizione. Al Policlinico Gemelli vengono effettuati più di un centinaio di interventi per rizoartrosi l'anno.
La rizoartrosi (artrosi della base del pollice) è una malattia degenerativa infiammatoria dell'articolazione tra il trapezio e il primo metacarpo del pollice. È la più frequente forma di artrosi nel mondo e la sua frequenza aumenta con l'età; si stima che a soffrirne sia una donna su 4 e un uomo su 12 sopra i 70 anni, ma può colpire anche i giovani. Può esserci una predisposizione genetica e il fatto che sia più frequente tra le donne in età post-menopausale fa pensare anche ad un ruolo degli ormoni.
Lorenzo Rocchi, associato di Malattie dell'apparato locomotore all'Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della UOC di Ortopedia e Chirurgia della mano di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, spiega che nei primi stadi può essere trattata in maniera conservativa con tutori termoplastici che stabilizzano questa articolazione, spesso instabile in questi pazienti.
Questi tutori possono essere già pronti (commerciali) o fatti su misura (custom made). Quelli di ultima generazione non bloccano tutto il pollice, ma stabilizzano solo la base del metacarpo.
La novità in questo campo è rappresentata dall'utilizzo di speciali protesi, studiate ad hoc per questa articolazione. Le prime protesi per la rizoartrosi, utilizzate soprattutto in Francia fin dagli anni '90, avevano problemi biomeccanici, si lussavano facilmente e determinavano riassorbimento osseo, avendo quindi vita breve. "Dai primi anni 2000 invece - spiega il professor Rocchi - sono stati introdotti i primi impianti prototipo per l'articolazione trapezio-metacarpale, ispirati alle protesi d'anca. Quelle di ultima generazione sono 'modulari', dotate cioè di vari componenti (stelo, collo, testa, coppa). Dopo l'intervento, la mano viene protetta con un bendaggio morbido (da mantenere per due settimane), che consente di muovere l'articolazione del pollice, già a ridosso dall'intervento. Al controllo ambulatoriale, si istruiscono i pazienti a fare esercizi riabilitativi; è possibile inoltre essere seguiti presso il servizio di fisioterapia della mano, recentemente riaperto al Policlinico Gemelli, per velocizzare la ripresa della funzionalità articolare".
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