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Ingorghi di microplastiche bloccano il sangue nel cervello

Ingorghi di microplastiche bloccano il sangue nel cervello

Osservati per la prima volta in tempo reale nei topi

01 febbraio 2025, 15:16

di Benedetta Bianco

ANSACheck
Microplastiche (fonte; Will Parson/Chesapeake Bay Program da Flickr CC BY-NC 2.0) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Microplastiche (fonte; Will Parson/Chesapeake Bay Program da Flickr CC BY-NC 2.0) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Le microplastiche possono arrivare nel cervello e causare ingorghi all’interno dei vasi sanguigni, bloccando il flusso di sangue anche per diverse settimane. Lo ha scoperto la ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances, e guidata dall’Accademia cinese per la ricerca sulle scienze ambientali. Per la prima volta i ricercatori hanno seguito il viaggio delle microplastiche nel cervello dei topi in tempo reale, grazie a piccole ‘finestre’ trasparenti impiantate chirurgicamente nel cranio. Non è chiaro se la stessa cosa si verifichi negli esseri umani, ma negli animali queste ostruzioni hanno ridotto le capacità mnemoniche e l’attività motoria.

Le microplastiche sono frammenti di plastica di dimensioni inferiori ai 5 millimetri e si trovano ormai ovunque sulla Terra, dalle profondità oceaniche ai ghiacci polari, così come nell’acqua e nel cibo che ingeriamo. Per cercare di capire meglio come si comportano questi frammenti quando raggiungono il cervello, i ricercatori guidati da Haipeng Huang hanno utilizzato una tecnica che permette di tracciare le microplastiche mentre si muovono nel flusso sanguigno, dando da bere ai topi acqua contenente minuscole sfere fluorescenti di polistirolo.

I frammenti plastica così ingeriti sono apparsi tre ore più tardi nel cervello, dove sono stati inghiottiti dalle cellule immunitarie. A questo punto però le cellule, ormai 'sazie', sono rimaste incastrate nei piccoli vasi sanguigni cerebrali, a volte anche accumulandosi l’una sull’altra come in un ingorgo stradale. In seguito le ostruzioni sono diminuite gradualmente, ma alcune erano ancora presenti dopo 28 giorni, quando è stato concluso l’esperimento. Gli autori dello studio affermano che blocchi simili sono stati osservati anche nel cuore e nel fegato degli animali, ma i risultati di tali osservazioni non sono ancora stati pubblicati.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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