"I dazi potrebbero effettivamente rivelarsi un cigno nero che stravolge l’economia mondiale, con una differenza sostanziale rispetto al Covid: sono frutto di una decisione politica di Trump e della sua squadra. Mentre la pandemia è stata un fenomeno totalmente esogeno, non controllabile se non nella capacità di porre rimedio con vaccini e politiche sanitarie, in questo caso è legato a una decisione umana e in quanto tale reversibile. È possibile attendersi importanti cambiamenti e marce indietro nei prossimi mesi". E' il parere all'ANSA di Andrea Rangone, docente ordinario di Digital Business Innovation alla School of Management del Politecnico di Milano, co-fondatore degli Osservatori Digital Innovation, nei giorni un cui le mosse e contromosse di Donald Trump hanno fatto salire alle stelle la guerra commerciale con Pechino, indebolito le Borse mondiali, mentre l'Ue pensa a contromisure sulle Big Tech.
Per l'esperto, "se davvero i dazi alla Cina al 125% dovessero essere confermati avranno un impatto molto forte sulla maggior parte dei produttori americani di tecnologia e l'aumento dei prezzi dei prodotti si riverbererà anche in Europa". "Una quota importante di componenti come le schede madri, i circuiti stampati, le memorie e i sistemi di raffreddamento proviene dalla Cina - osserva Rangone - e i dazi al 125% porterebbero ad un incremento importante dei costi per i produttori che potrebbero essere trasferiti sul mercato in due modi. Il primo è un aumento significativo dei prezzi di vendita dei prodotti, sia in Usa sia in Ue, che si riverberebbe sui consumatori portando inevitabilmente ad una riduzione dei volumi di vendita. Il secondo è una riduzione dei margini di profitto se le aziende decidessero di tenere i prezzi sotto controllo. In ogni caso si configura una perdita di valore importante per le aziende tech americane. Con l’effetto secondario di aumentare la competitività internazionale di produttori hardware non americani come ad esempio i sudcoreani Samsung o LG".
Secondo l'esperto, le aziende tech meno impattate dai dazi saranno i produttori di servizi o di software, quelle più colpite chi produce hardware come Apple, "i cui i prodotti sono in tutto o in parte acquistati in Cina". E' dei giorni scorsi la stima di analisti americani che hanno calcolato che gli iPhone potrebbero costare fino a 3500 dollari. "Per i produttori di hardware - spiega - nel breve termine sarebbe complesso cambiare filiere di fornitura: i costi di sostituzione sono molto elevati. Nel medio-lungo termine se i dazi fossero confermati le aziende americane cercherebbero fornitori in altre parti del mondo cercando di internalizzare la produzione per quanto sostenibile dal punto di vista dei costi. Ma questo processo, lungo e complesso, indebolirebbe certamente l'industria tecnologica americana dell'hardware".
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