Acque più calde, specie invasive ed eventi climatici sempre più estremi mettono a rischio il futuro del mare e della pesca in Italia. L'impatto del climate change in 10 anni sul settore supera i 2 miliardi, tra mancate catture (-30%), danni infrastrutturali (70% porti insicuri) e invasioni biologiche (1 specie su 3 sarà aliena entro 2050). E' la stima che fa Confcooperative Fedagripesca, in vista della Giornata nazionale del Mare dell'11 aprile, che comprende, non solo le alterazioni degli ecosistemi marini ma anche i rischi per la sicurezza in mare.
Il Mediterraneo, sottolinea l'associazione, si sta riscaldando il 20% più velocemente della media globale, con conseguenze sulla migrazione di specie come tonni, sardine e acciughe in cerca di acque più fresche. Gli eventi meteorologici estremi poi, con tempeste e mareggiate sempre più violente, danneggiano le imbarcazioni e riducono i giorni di pesca. Eventi estremi che provocano insabbiamenti delle imboccature dei porti, con manutenzioni che stentano ad arrivare.
Il risultato è che 7 porti pescherecci su 10, precisa Fedagripesca, sono sempre meno sicuri, e questo riguarda quasi tutte le regioni costiere. Una situazione che ha fatto perdere negli ultimi 10 anni il 30% delle giornate di pesca. Il settore vale 1,5 miliardi di euro l'anno e dà lavoro a oltre 30mila persone, tra pescatori, lavoratori dell'indotto e cooperative, che rappresentano oltre l'80% dei produttori ittici italiani. Da qui la necessità dell'associazione di investire di più in ricerca per studiare il mare che cambia e fornire alle imprese strumenti adeguati per adattarsi, evitando di rincorrere continue emergenze. "Dobbiamo fare i conti con il clima che cambia - afferma Tiozzo, vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca - ma è cruciale comprendere ciò che avviene nelle nostre acque e in questo, la ricerca è determinante".
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