BRUXELLES, 05 MAR - Parlamento e Consiglio Ue hanno raggiunto un primo accordo per mettere al bando i prodotti realizzati attraverso il lavoro forzato, la moderna forma di schiavitù che riguarda oltre 26 milioni di persone in tutto il mondo, tra cui minorenni. Lo hanno reso noto le due istituzioni europee.
Il regolamento prevede che venga vietata l'immissione e la messa a disposizione sul mercato dell'Ue, o l'esportazione, di qualsiasi prodotto realizzato utilizzando il lavoro forzato. Sono state introdotte modifiche significative alla proposta originaria, chiarendo le responsabilità della Commissione e delle autorità nazionali competenti nel processo investigativo e decisionale.
L'esecutivo comunitario istituirà una banca dati contenente informazioni verificabili e regolarmente aggiornate sui rischi del lavoro forzato, comprese le relazioni delle organizzazioni internazionali (come l'Organizzazione internazionale del lavoro). La banca dati dovrebbe supportare il lavoro della Commissione e delle autorità nazionali competenti nel valutare possibili violazioni di questo regolamento.
Per valutare la probabilità che avvengano violazioni del regolamento sono previsti dei criteri come: la portata e la gravità del presunto lavoro forzato, compreso se quello imposto dallo Stato possa costituire motivo di preoccupazione; la quantità o il volume dei prodotti immessi o resi disponibili sul mercato dell'Unione; la quota delle parti del prodotto che potrebbero essere realizzate con il lavoro forzato nel prodotto finale; la vicinanza degli operatori economici ai sospetti rischi del lavoro forzato nella loro catena di approvvigionamento e la loro influenza per affrontarli.
Verranno pubblicate delle linee guida della Commissione per operatori economici e le autorità competenti per aiutarli a conformarsi ai requisiti del regolamento.
Un importante "passo avanti" in cui sono state accolte le principali "richieste dei sindacati". Così la Confederazione europea dei Sindacati (Etuc) accoglie l'intesa raggiunta tra Parlamento e Consiglio Ue. "Nessuna azienda può trarre profitto dalla schiavitù moderna. Questo divieto generalizzato sui prodotti del lavoro forzato pone l'accento sui diritti delle persone, piuttosto che sulla struttura delle aziende", commenta Claes-Mikael Stahl, vicesegretario generale Etuc, sottolineando che "questo stabilisce un importante precedente per un approccio basato sui diritti per ripulire le nostre catene di approvvigionamento".
L'accordo politico andrà ora formalmente approvato da entrambe le istituzioni separatamente. Come ricorda Stahl, la "palla passa ora agli Stati membri e siamo convinti che nessun governo nazionale debba ostacolare questa importante legislazione. Gli Stati membri non possono continuare a tenere in ostaggio la legislazione progressista dell'Ue".
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