(di Michele Esposito)
Qualsiasi passo per facilitare i
rapporti transatlantici è il benvenuto, ma la trattativa non può
che restare in capo alla Commissione. All'indomani della
missione di Giorgia Meloni a Washington, Ursula von der Leyen
non cambia la linea che ha adottato sin dai giorni che
precedevano il viaggio oltreoceano della presidente del
Consiglio italiana. Un viaggio che, stando a quanto raccontano
fonti europee, non ha certo intaccato gli ottimi rapporti tra la
presidente dell'esecutivo Ue e Meloni. Le due leader si sono
confrontate, come da accordi, prima e dopo l'incontro alla Casa
Bianca. Una missione "positiva", spiegano fonti della
Commissione, sottolineando come l'iniziativa italiana abbia
rappresentato un'ulteriore "chance per costruire ponti" tra le
due sponde dell'Atlantico.
Von der Leyen, quindi, ha incassato l'assist che Meloni le ha
porto grazie alla sua 'special relationship' con Donald Trump.
Non poteva fare altrimenti, anche perché c'è un dato da non
sottovalutare: da quando il presidente americano è alla Casa
Bianca i contatti con von der Leyen sono stati inesistenti. E
non è un caso che, nell'incontro con la stampa allo Studio
Ovale, Trump abbia parlato di interlocuzioni con alcuni leader
europei, senza neppure nominare i vertici comunitari. Da qui, il
ragionamento che circola al tredicesimo piano di Palazzo
Berlaymont: qualsiasi tentativo di agevolare il negoziato tra
Washington e Bruxelles da parte di un singolo capo di Stato o di
governo non può essere ignorato.
Le immagini del bilaterale tra Meloni e Trump sono state
vagliate con attenzione dall'inner circle di von der Leyen. La
sensazione, viene spiegato, è stata positiva. Nessuna parola
fuori sincrono è arrivata da Meloni. E il dato è stato
particolarmente apprezzato.
La telefonata tra von der Leyen e Meloni è arrivata poco dopo
l'incontro della premier con il vice presidente americano J.D.
Vance a Roma. È stata una conversazione breve, focalizzata sul
punto più delicato dell'attualità europea: la guerra dei dazi. A
Bruxelles hanno ben presente un calendario che non prevede
eccezioni: il 23 aprile si chiuderà la procedura scritta che
formalizzerà la sospensione delle tariffe anti-Usa da parte
dell'Ue. Da allora, sul tavolo, ci sono 90 giorni per negoziare.
La deadline cadrà a metà luglio. Ovvero dopo due occasioni nelle
quali von der Leyen e Trump avranno finalmente la possibilità di
incontrarsi. La prima, in Canada, dove avrà luogo il summit del
G7. La seconda a L'Aja, in occasione del vertice Nato. Entrambe
cadono a giugno. Ed è dopo il secondo appuntamento che gli
sherpa europei e americani potrebbero inserire l'atteso summit
tra Trump e i vertici Ue. Magari proprio a margine del Consiglio
europeo che si terrà subito dopo il summit Nato nei Paesi Bassi.
Nel frattempo, spiegano a Bruxelles, proseguono i colloqui
tecnici tra l'amministrazione Trump e l'Ue sul fronte dei dazi.
Un punto, per la Commissione, resta invariato: l'obiettivo è
trovare un'intesa che eviti danni all'economia globale ma, allo
stesso tempo, le contromisure, in caso di fallimento della
trattativa, restano sul tavolo. Ed è qui che, nel ragionamento
di von der Leyen, le posizioni della presidente della
Commissione e di Meloni sono chiamate a separarsi. La missione
dell'italiana, viene spiegato, è stata "un'occasione utile per
creare ulteriori ponti" con l'amministrazione Trump "nel
rispetto dei diversi ruoli, come già affermato dalla stessa
Meloni". Il negoziato, questo il punto sul quale la Commissione
non arretrerà, resta in capo a Palazzo Berlaymont. Lo prevedono
i Trattati e il ruolo di sintesi al quale è chiamata la stessa
von der Leyen.
Le sensibilità tra i 27 restano diverse. Sulla missione di
Meloni le cancellerie europee hanno mantenuto un prudente
silenzio. A parlare sono state le testate dei grandi Paesi del
Vecchio continente. I più scettici sono stati il francese Le
Monde e lo spagnolo El Pais. Non è un caso. Toccherà a von der
Leyen e al presidente del Consiglio europeo Antonio Costa
trovare un punto di equilibrio sulla strategia da adottare nel
negoziato con gli Usa. Forse in un summit ad hoc, da tenersi a
maggio, subito dopo che la Germania avrà formalizzato il suo
governo.
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