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A scuola col niqab, per le studentesse il riconoscimento dei prof

A scuola col niqab, per le studentesse il riconoscimento dei prof

La dirigente: 'Così evitiamo l'abbandono'. In Lombardia è scontro sul velo

TRIESTE, 04 febbraio 2025, 19:20

di Francesco De Filippo

ANSACheck
- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Prima di entrare in classe alle 8 in una stanza appartata la referente dell'istituto superiore Sandro Pertini di Monfalcone (Gorizia) alza il velo nero e si sincera che a entrare a scuola sia l'allieva iscritta.

   E' la prassi, non codificata ma adottata, per le studentesse islamiche - molte bengalesi - che per fede indossano il niqab a lezione.

   Sono cinque ragazze. Una soluzione non traumatica che garantisce la continuità scolastica - che per la dirigente, Carmela Piraino, è il vero obiettivo delle istituzioni evitando che "le le ragazze lascino la scuola" - intorno alla quale si possono agganciare vari spunti di riflessione.

   La pubblicazione di un articolo sul Piccolo dell' esperienza del Pertini ha però scatenato le cicliche polemiche politiche sul velo, i cui contorni si allargano al più complesso fenomeno migratorio e, nello specifico di Monfalcone, alla nutrita presenza di una comunità musulmana, soprattutto quella più ortodossa bengalese.

   Presenza da anni oggetto di scontro con l'amministrazione leghista del Comune. In mattinata dopo raffiche di comunicati di vari esponenti, è stata convocata una conferenza ad horas a Monfalcone con i vertici regionali della Lega e la battagliera ex sindaca (europarlamentare oggi) Anna Maria Cisint.

   "Presenteremo con la massima urgenza una mozione e un progetto di legge regionale per vietare l'utilizzo del niqab nei luoghi pubblici, a partire dalle scuole" ha annunciato Marco Dreosto, senatore e segretario Lega Fvg. Non è solo una questione di sicurezza, puntualizza la Lega Fvg, che pure ha il suo peso: si vuole "impedire l'oppressione delle donne, dal momento che moltissime ragazze sono costrette a usare il niqab".

   Il pensiero corre a Svizzera, Danimarca, e alla Lombardia, dove "esistono già norme specifiche". Per un obiettivo finale che "è far diventare il divieto un indirizzo comunitario".

   E proprio in Lombardia, in Consiglio regionale a Milano si è aspramente discusso su due mozioni, una della Lega che chiede di vietare l'uso del velo come il burqa o il niqab negli edifici pubblici, anche comunali, e a scuola, e una del Pd per ribadire "che nessuno può imporre alle donne come vestirsi, sia esso Stato, Regione, famiglia, singoli individui o altro, riaffermando la centralità dei diritti delle donne e della loro autodeterminazione".

    La scorsa settimana proprio il Carroccio ha presentato una proposta di legge e un'interrogazione al Parlamento europeo sempre sullo stesso tema. Ini particolare, la pdl vieta di indossare indumenti "atti a celare il volto, come nel caso del burqa o del niqab", "non solo per motivi di ordine pubblico", ma anche per un principio, costituzionalmente sancito, di "rispetto della dignità della donna". Dura la pena: fino a due anni di carcere e una multa fino a 30mila euro oltre che la preclusione dalla richiesta di cittadinanza.

   Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha liquidato la mozione leghista come "una delle tante, piccole, inutili polemiche politiche". "I problemi non sono qui, sono altri - ha aggiunto - Il problema è parlare di un'immigrazione che oggettivamente serve, soprattutto alle città e che va gestita, regolamentata il meglio possibile". 
   

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