"Mi dispiace, presidente, che lei non
sia intervenuto per interrompere il lungo dialogo tra
l'assessore e l'avvenente consigliera Melito...". È polemica in
Assemblea capitolina per la frase del capogruppo FI-Udc Marco Di
Stefano, per quell'aggettivo riferito a una consigliera del Pd.
Di Stefano, impegnato in una discussione su una questione di
urbanistica, voleva sottolineare il presunto disinteresse
dell'assessore rispetto al suo intervento.
L'espressione "avvenente" però non è piaciuta ai colleghi,
che hanno protestato. Riccardo Corbucci (Pd) è stato il primo a
esprimersi contro, poi Paolo Ciani (Demos) ("i complimenti
facciamoli sulle attitudini intellettuali e politiche e non su
quelle fisiche").
Di Stefano ha allora ripreso la parola: "Capisco che definire
avvenente una donna per molti di voi è una cosa imbarazzante -
ha detto - io non volevo offendere la consigliera di cui ho
grande rispetto e di cui ho elogiato anche gli emendamenti che
ha fatto alla delibera, che ho condiviso. Se a qualche collega
di sesso maschile dà fastidio questo elogio alla persona fisica
della collega Melito me ne dispiaccio, forse non siete abituati
e lo capisco anche".
Poi, con un gesto di saluto, ha lasciato l'Aula.
"Stigmatizziamo e condanniamo questi atteggiamenti e li
attenzioniamo alla presidente dell'Aula affinché prenda i dovuti
provvedimenti. Non è davvero accettabile rivolgersi a una
consigliera in questo modo", afferma il gruppo dem in una nota.
Di Stefano, in una nota, ha poi voluto ricordare al Pd che
"alla parola 'avvenente' corrispondono le seguenti definizioni:
'bello con garbo', 'leggiadro', 'grazioso'. Altro che volgarità.
I piddini prima dei loro interventi isterici dovrebbero
studiare, se non l'urbanistica, almeno il vocabolario
Zingarelli".
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