Il governo punta ad un proprio ddl costituzionale per dare maggiori poteri a Roma Capitale. Alla bozza stanno lavorando due ministeri: quello alle Riforme di Maria Elisabetta Alberti Casellati, i cui uffici starebbero limando le questioni più tecniche, e quello alle Autonomie di Roberto Calderoli, interessato nell'ottica della devoluzione di poteri. A Roma, come richiesto da tempo (e finora mai ottenuto), andrebbero maggiori competenze sia a livello legislativo, sia a livello regolamentare, mentre ai suoi municipi sarebbe garantito un livello maggiore di autonomia. Alla Capitale, compatibilmente con il bilancio dello Stato, sarebbero garantite, di conseguenza, più risorse.
A seguire il dossier ci sarebbe uno dei meloniani che si occupa maggiormente di Roma: il senatore Andrea De Priamo. Il disegno di legge governativo punterebbe a dare maggiore forza al progetto, su cui già sussistono diverse proposte di legge parlamentari (come quelle dell'azzurro Paolo Barelli e del dem Roberto Morassut) che a questo punto potrebbero essere abbinate.
Il testo sarebbe stato aggiornato anche in base alla recente sentenza della Corte Costituzionale sull'autonomia, parlando non più di cessione di "materie" alla Capitale, ma di "funzioni".
Per portarlo a dama - obiettivo non scontato vista la mole di riforme che bolle in pentola - si attende anche l'esito di un confronto con gli enti locali interessati, Campidoglio e Regione Lazio.
Sul ddl costituzionale per i poteri a Roma Capitale a cui sta lavorando il Governo, dal Campidoglio non emergono posizioni ufficiali in merito se non che, come dicono alcune fonti, sarebbe auspicabile avere un confronto prima della presentazione del testo.
Lo scorso 5 marzo il sindaco di Roma Roberto Gualtieri era stato sentito in audizione alla Camera proprio nell'ambito dell'esame dei progetti di legge sull'argomento e in quella occasione aveva sostenuto, tra l'altro, che Roma, in quanto Capitale, deve valorizzare la propria autonomia amministrativa, normativa e finanziaria con una riforma costituzionale che, per diventare operativa, ha bisogno di tempo.
Per questo sarebbe "immediatamente" necessaria una legge ordinaria che utilizzi fino in fondo la base giuridica vigente e che consentirebbe al sindaco di avere poteri in più come decidere sui costi del biglietto dell'autobus, sulla gestione del piano rifiuti e sulla governance del Tevere
Il punto di forza dell'iniziativa del governo per dare più poteri a Roma, come spiegano alcune fonti di maggioranza, è che questa volta la spinta sarebbe arrivata da Giorgia Meloni in persona, che sin da quando era all'opposizione ha condotto - sia in Parlamento, sia in Assemblea capitolina - una battaglia per rafforzare a livello amministrativo, e non solo, la città eterna. In particolare, un ordine del giorno, a prima firma dell'attuale presidente del Consiglio, alla legge di bilancio 2021, impegnava il governo "ad attivare in tempi immediati ogni misura necessaria a garantire il completamento del trasferimento dei poteri a Roma Capitale" destinando "le risorse e i beni necessari per il miglioramento della qualità della vita e dei servizi e il raggiungimento degli standard delle altre capitali europee". Meloni, insieme ai colleghi di partito Fabio Rampelli, Paolo Trancassini, Francesco Lollobrigida, Federico Mollicone e Maria Teresa Bellucci, chiedeva anche di "investire su infrastrutture materiali e immateriali capaci di moltiplicare particolarmente il Pil proveniente da turismo, commercio, terziario. E di adoperarsi affinché quota parte degli incassi generati dal patrimonio artistico e monumentale vengano destinati al bilancio della Capitale per finanziare i costi sostenuti dagli eccezionali afflussi esterni quotidiani che ne compromettono decoro, viabilità, trasporti, sicurezza".
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