"Di quel giorno ricordo solo il
fiume di acqua e fango che scorreva sopra la galleria. Lo notai
e lo dissi alla mia amica Antonella perché mi sembrò molto
strano visto che non stava piovendo e c'era il sole". Così
Patrick Lunda Ngandou, 40 anni, frate salesiano congolese,
ferito in modo grave dalla frana del 19 marzo sull'Aurelia a
Arenzano. L'uomo, che è stato in coma e ha subito vari
interventi, è stato trasferito alla neurochirurgia dell'ospedale
Galliera.
Con le sue affermazione rivela che lo smottamento non è stato
improvviso: un rigagnolo di acqua e fango che scendeva copioso
dal versante crollato giù, fino all'Aurelia. La frana è studiata
dal geologo Alfonso Bellini, a cui il magistrato titolare delle
indagini, Walter Cotugno, ha affidato l'indagine tecnica. Le
cartografie della zona segnalano da anni nell'area una frana
attiva.
Lo smottamento avrebbe potuto uccidere Patrick, in missione
da 4 mesti nell'Astigiano per conto della sua diocesi che si
trova nel sud della Repubblica del Congo. Il salesiano appena
sarà dimesso tornerà in Africa: "Io non ricordo la frana, ma se
è vero che ho contribuito a salvare la vita alla mia amica
Antonella, come lei ha raccontato, ne sono felice. Questa donna
mi è stata di grande aiuto nell'integrarmi nella comunità
dell'Astigiano dove ho lavorato nelle attività di una parrocchia
in questi 4 bellissimi mesi trascorsi in Italia. La gita ad
Arenzano con la vista al santuario del Bambino di Praga e il
mare voleva essere il modo migliore per salutare il vostro Paese
prima di tornare in Congo".
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