La procura di Genova potrebbe
indagare anche per omissione di atti d'ufficio nell'ambito
dell'inchiesta sulla morte di Camilla Canepa, la studentessa di
18 anni stroncata da una trombosi dopo il vaccino AstraZeneca
ricevuto durante un open day a giugno. La nuova ipotesi di reato
sarebbe legata alla mancata indicazione, nella cartella clinica
del primo ricovero all'ospedale di Lavagna, della vaccinazione
con il siero anglo-svedese. Secondo i genitori della ragazza al
momento del primo accesso era stato detto, ed è quanto stanno
cercando di appurare i magistrati Stefano Puppo e Francesca
Rombolà insieme al procuratore Francesco Pinto. Un dettaglio
cruciale anche per il supplemento di indagine chiesto al medico
legale Luca Tajana e all'ematologo Franco Piovella.
Camilla era stata vaccinata il 25 maggio e il tre giugno era
stata ricoverata all'ospedale di Lavagna per una fortissima
cefalea e fotosensibilità. La giovane era stata dimessa
l'indomani, dopo una tac senza contrasto, nonostante le
piastrine fossero in forte discesa. Era ritornata allo stesso
ospedale il cinque in condizioni disperate per una trombosi al
seno cavernoso. Trasferita al policlinico San Martino di Genova
era stata operata alla testa e dove morì il 10 giugno. Nel
secondo accesso la vaccinazione era stata indicata.
Quello che adesso vogliono capire gli investigatori è se
appunto i medici che l'hanno visitata il primo giorno sapessero
del vaccino. A maggio, infatti, esistevano già le prime linee
guida per diagnosticare la Vitt, la sindrome da vaccino appunto,
che prevedevano di procedere con una tac con liquido di
contrasto tra gli accertamenti.
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