Il coronavirus non ha cambiato solo
le nostre vite, ma anche le parole che usiamo: è una "Grammatica
del nuovo mondo" quella delineata da Filippo Poletti nel libro,
edito da Lupetti, che alfabeticamente elenca 50 termini chiave
dei nostri giorni, sottolineando l'evoluzione del linguaggio ai
tempi della pandemia.
Tutto - ricorda il giornalista - iniziò il 30 gennaio 2020 a
Roma con il caso dei due turisti cinesi trovati positivi. Da
allora al 30 dicembre 2021, in 100 settimane, il nostro
vocabolario si è concentrato sull'uso delle parole positivo,
mascherina, vaccino, smart working e zona geografica colorata in
base all'andamento dei contagi e dei ricoveri.
Il contagio ha rivoluzionato il nostro modo di parlare:
l'aggettivo positivo ha assunto un'accezione negativa, mettendo
tra parentesi il pensiero positivo. Alcune espressioni hanno
acquisito nuovi significati: legate fino al 2019 all'inchiesta
giudiziaria di cui all'inizio del 2022 ricorrerà il trentennale,
dal 2020 le 'mani pulite' sono associate alle raccomandazioni
pubbliche di carattere igienico-sanitario. È il caso anche di
RT, sigla che sta per retweet su Twitter e oggi utilizzata per
indicare l'indice di trasmissibilità. Il coronavirus - che ha
colorato l'Italia in zona rossa, arancione, gialla e bianca - ha
diffuso lemmi come mascherina e smart working: "Il dizionario
del nuovo mondo è in continua evoluzione - commenta il
giornalista - e negli ultimi mesi si è polarizzato sulla
contrapposizione tra no vax e sì sì sì vax. Questo braccio di
ferro lessicale evidenzia la profonda spaccatura presente nella
popolazione".
"Per affrontare il 2022 - conclude Poletti - è necessario
riflettere sulle parole legate al coronavirus, perché l'uomo
capace di giudizio è colui che ha una bussola per orientarsi".
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