Anche da Fabriano un sì
all'ipotesi di accordo raggiunto al ministero delle Imprese e
del Made in Italy tra i vertici di Beko e i sindacati di
categoria Fim-Fiom-Uilm-Uglm. Nello stabilimento di Melano su
518 aventi diritti al voto, hanno effettivamente votato in 323
(62,35%) di cui 254 sì (78,6%), 63 no, 4 nulle e 2 bianche.
Nella sede impiegatizia su 461 aventi diritti al voto, hanno
effettivamente votato in 253, di cui 148 sì (58,5%), 92 no e 13
schede bianche. Quindi la maggioranza ha votato per il sì
all'accordo, ma certamente con una percentuale che mostra il
fatto che gli esuberi in città sono considerati tanti.
Infatti, per la città della carta si prevedono esuberi fino a
un numero massimo di 193 unità tra staff, impiegati, quadri,
dirigenti e il centro Sviluppo e Ricerca che saranno gestiti con
gli strumenti classici (uscite incentivate e contratti di
solidarietà). A questi si sommano i 64 esuberi (sempre fino a un
numero massimo) tra gli operai dello stabilimento di Melano che
resta il polo di produzione dei piani cottura per tutta la
regione Emea e dove saranno effettuati nei prossimi 3 anni oltre
60 milioni di euro di investimenti. Non ci sarà alcun
licenziamento unilaterale, ma le uscite degli esuberi
individuati avverranno solo dietro incentivi, con questi che
possono arrivare fino a 90mila euro a seconda dell'età
anagrafica dei lavoratori che ne vorranno usufruire. Durante le
assemblee svolte nella giornata di oggi, la tensione era molta.
"Non è il miglior accordo possibile, è un accordo difficile che
lascia aperta una possibilità di parlare di progetto industriale
in futuro, ma con un prezzo altissimo in termini di esuberi e di
produzione persa. L'azienda a un certo punto ha chiuso tutti gli
spazi di contrattazione ed è il massimo che siamo riusciti ad
ottenere. Nessun licenziamento forzoso, ma solo volontari ed
incentivati, investimenti che dovranno essere assolutamente
sviluppati. Un piano che se sarà approvato dalla maggioranza dei
lavoratori del gruppo, dovrà essere monitorato. Questo è solo
l'inizio di un percorso e di una sfida per mantenere le
produzioni di elettrodomestici in Italia", alcune delle
dichiarazioni dei rappresentanti sindacali post referendum.
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