Il Digital Market Act (Dma), che
vieta pratiche anti-concorrenziali sui mercati digitali, non è
progettato per colpire le Big Tech americane, ma per assicurare
una concorrenza equa tra i grandi operatori digitali. Le vice
presidenti della Commissione europea, Henna Virkkunen e Teresa
Ribera, rispondono così alla richiesta di chiarimenti del
presidente della commissione giudiziaria della Camera degli
Stati Uniti, Jim Jordan, sull'applicazione del Dma.
Nella lettera, si esprimeva "preoccupazione" per il fatto che
la normativa europea sembri colpire i colossi tecnologici
americani e si criticavano in particolare le sanzioni previste
nel regolamento che, a detta di Washington, "sembrano avere due
obiettivi: costringere le aziende a seguire gli standard europei
a livello globale e imporre una sorta di tassa europea sulle
imprese americane". Nella replica, la responsabile per la
concorrenza Ribera e la titolare della sovranità tecnologica
Virkkunen chiariscono che il Dma "non prende di mira le società
americane", l'obiettivo della sua applicazione del Dma è quello
di "garantire la conformità, non di emettere multe". Le due
vicepresidenti poi si dicono certe che Ue e Stati Uniti
condividano "l'obiettivo comune di prevenire gli effetti dannosi
della monopolizzazione".
Dello stesso avviso, un gruppo di europarlamentari, tra cui
Stéphanie Yon-Courtin, presidente del gruppo di lavoro sulla
concorrenza del Pe e relatrice del Dma per la commissione Affari
economici (Econ); Andreas Schwab, presidente del gruppo di
lavoro sul Dma al Pe e relatore del Dma per la commissione
Mercato interno (Imco); e Anna Cavazzini, presidente della
commissione Imco, che in una lettera al segretario Usa per il
Commercio Howard Lutnick e alla Procuratrice generale Usa Pamela
Bondi, rigetta la tesi della nazionalità, sostenendo che
l'obiettivo del Dma è "garantire mercati digitali liberi ed equi
all'interno dell'Unione Europea (UE), a vantaggio dei
consumatori e delle aziende europee di tutto il mondo, comprese
quelle americane". Gli eurodeputati bollano poi come "del tutto
falsa" la tesi per cui il Dma rappresenterebbe una barriera
all'innovazione, sostenendo che al contrario "promuove un
ecosistema competitivo in cui le aziende innovative" possono
innovare "senza essere ingiustamente svantaggiate da un potere
di mercato consolidato". Altrettanto "infondata", scrivono gli
eurodeputati, è l'affermazione secondo cui il Dma sarebbe come
una "tassa" sulle società Usa. "Molte aziende americane, tra cui
start-up e Pmi - obiettano - trarrebbero vantaggio da un mercato
digitale più aperto".
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