Le radici affondano nel Regolamento
dello Stato pontificio per l'abilitazione alle professioni di
perito, architetto e ingegnere civile del 1823, ma fu il 24
giugno del 1923 che fu pubblicata in Gazzetta ufficiale la legge
1.395 "Tutela del titolo e dell'esercizio professionale degli
ingegneri e degli architetti", ma "tutto rimase congelato,
essendosi nel Paese instaurato il regime fascista", dunque
"tutte le categorie professionali furono poste sotto
strettissimo controllo politico, e la tenuta dell'Albo
trasferita in capo al sindacato". Con queste parole il
presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri Angelo
Domenico Perrini ha illustrato, con una lunga carrellata
storica, alla Pontificia università Urbaniana, a Roma, le
vicende che hanno portato quest'anno alla celebrazione del
centenario dell'Albo degli ingegneri d'Italia, che attualmente
conta oltre 250.000, di cui circa il 17% è donna (e più di
175.000 sono associati ad Inarcassa, l'Ente previdenziale che
assicura gli ingegneri e gli architetti che esercitano
esclusivamente la libera attività lavorativa).
Nel nostro Paese sono "62 gli atenei che hanno almeno un corso
che permette l'accesso all'Albo", ha sottolineato il vertice
della categoria tecnica, rammentando, tra l'altro, come la prima
donna a laurearsi in Ingegneria fu Emma Strada, nel 1908.
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