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A Bari messa per homeless morti in strada, 'dobbiamo aiutare'

A Bari messa per homeless morti in strada, 'dobbiamo aiutare'

La Comunità di sant'Egidio, "Pranzo come momento di gioia"

BARI, 16 febbraio 2025, 16:59

Redazione ANSA

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Infreddoliti ma sorridenti davanti a gerbere rosse. Coperti da giubbotti, cappelli ma il volto sereno. Seduti nei banchi di una chiesa assieme agli altri, nella normalità di una messa in cui si sono accolti e non diversi. Perché questa mattina, nella chiesa del Gesù che si trova nel borgo antico di Bari, è stato vissuto un momento di preghiera dedicato a chi come loro ha avuto solo un marciapiede o una panchina come casa e lì, avvolto nell'indifferenza è morto. La celebrazione eucaristica, voluta dalla comunità di Sant'Egidio, ha voluto ricordare "i nostri amici di strada che sono morti", spiega Giuseppe Gabrielli, dell'associazione di volontari che si occupa dei senza fissa dimora. Nel corso della messa, presieduta dall'arcivescovo di Bari - Bitonto, monsignor Giuseppe Satriano, una delle volontarie ha voluto fare memoria di Deljia, un 70enne di origini jugoslave morto a ridosso del Natale di 27 anni fa: è stato il primo degli homeless incontrati in città dai volontari. "Deljia viveva a Bari, in una baracca nel quartiere Libertà. Quando con la Comunità di Sant'Egidio lo abbiamo conosciuto nel 1997, la sua casa era stata bruciata e lui picchiato da un gruppo di adolescenti", le parole della volontaria. La Comunità gli è stata vicino fino al dicembre dell'anno successivo quando Deljia è morto a causa di un malore improvviso. "Abbiamo letto 75 nomi sinonimi di storie e vite che abbiamo conosciuto in più di 25 anni di volontariato e che abbiamo aiutato - continua Gabrielli - loro ci ricordano che la vita di strada è difficile, e noi abbiamo il compito di accompagnare e dare consolazione a chi non ha più un tetto sulla testa". Dopo la messa, volontari, arcivescovo e senzatetto hanno pranzato assieme. "È stato un momento di convivialità, di festa e gioia per chi vive una quotidianità fatta di solitudine", conclude Gabrielli.
   

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