È stata un'udienza interamente dedicata alle dichiarazioni spontanee degli imputati, quella svoltasi oggi in tribunale a Tempio Pausania al processo per le 13 morti causate dall'alluvione del 18 novembre 2013 a Olbia e in Gallura. Su tutti, il lungo monologo dell'ex sindaco di Olbia, Gianni Giovannelli.
In circa quaranta minuti di deposizione, l'allora primo cittadino, accusato di omicidio colposo, disastro ambientale e mancata attivazione delle procedure di allarme, ha sottolineato il carattere eccezionale del ciclone che si abbatté quel 18 novembre sulla città.
Giovannelli ha dichiarato di non sentirsi responsabile per quanto accaduto, neppure moralmente: di non essere lui il colpevole nei confronti delle persone che hanno perso la vita travolte dall'onda di piena. L'ex sindaco ha invece denunciato di essere stato lasciato solo durante l'emergenza e di aver attivato, anche se non formalmente, le procedure previste dal piano di Protezione civile approvato nel 2012 dal Consiglio comunale.
La mancata attivazione del piano costituisce il cardine delle accuse mosse contro di lui dal pubblico ministero e dai legali di parte civile che difendono i familiari delle vittime. "Non c'è alcuna traccia ufficiale dell'attivazione del Coc, il centro operativo comunale", ribadisce all'ANSA Giampaolo Murrighile, legale della famiglia della piccola Morgana Giagoni e della madre Patrizia Corona, morte nel canale di via Belgio.
"Le dichiarazioni dell'ex sindaco sono finalizzate solo a discolparsi - dice l'avvocato di parte civile - ma certificano la totale inosservanza del piano di emergenza comunale". Il processo proseguirà il 4 settembre e non a giugno come inizialmente previsto, per evitare l'interruzione dovuta alla pausa estiva. Insieme a Giovannelli sono imputati anche tre funzionari del Comune, Antonello Zanda, Gabriella Palermo e Giuseppe Budroni.
GIOVANNELLI, INGIUSTO E SCORRETTO ACCUSARMI - "Volermi attribuire la responsabilità delle morti, accadute il 18 novembre 2013, per la mancanza di un atto formale di costituzione del Coc è prima che ingiusto, scorretto". Così l'ex sindaco di Olbia Gianni Giovannelli, imputato nel processo per le vittime dell'alluvione che colpì la città gallurese tre anni fa, ha contestato questa mattina a Tempio Pausania le accuse formulate dal Pm e dagli avvocati di parte civile.
L'udienza è stata in gran parte dedicata al lungo monologo di Giovannelli la cui difesa, rappresentata dall'avvocato Nicola Di Benedetto, ha preferito la formula delle dichiarazioni spontanee al posto dell'interrogatorio. In circa quaranta minuti di deposizione, l'allora primo cittadino ha sottolineato il carattere eccezionale del ciclone che si abbatté quel 18 novembre sulla città.
"Storicamente il vero pericolo per Olbia è sempre stato il fuoco, non l'acqua", ha ricordato Giovannelli precisando come Olbia sia stato uno dei primi Comuni, proprio durante la sua amministrazione, a dotarsi del piano di Protezione civile. "Le risultanze processuali hanno dimostrato come la Protezione civile, con la sua centrale operativa, fosse in campo nel territorio già dal 16 novembre con uomini, mezzi, presidi e tutto questo anche in assenza di qualsiasi bollettino meteo o di avviso di allerta", ha chiarito l'ex sindaco.
Che ha poi dichiarato di essersi sentito solo, riferendosi all'assenza di un sistema di allerta regionale che, oltre al semplice invio del fax diramato a tutti i 146 Comuni della Sardegna, non diede il via a nessun intervento pratico capace di fronteggiare l'emergenza.
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