(di Giovanni Franco)
"In questo luogo ci ho vissuto per
42 anni, ho conosciuto straordinarie persone, ho rischiato di
morire, ho ripreso mettendo da parte le tante delusioni che ho
dovuto ingoiare. E mai ho detto non mi sembra l'ora che me ne
vado in pensione. Il mio sogno era che da morto o poco prima di
morire mi avrebbero portato lì per un ultimo saluto. Ma alla
luce delle ultime vicende devo confessare che adesso lo odio e
non ne voglio più sentire parlare. Era e rimarrà per sempre il
palazzo dei veleni". E' lo sfogo di Giovanni Paparcuri guida e
curatore di quello che è chiamato il bunkerino realizzato dalla
giunta distrettuale dell'associazione nazionale magistrati di
Palermo dedicato alla memoria di Giovanni Falcone e di Paolo
Borsellino.
"L'opera si propone l'obiettivo di realizzare un luogo di
memoria permanente indirizzato non solo agli addetti ai lavori,
ma all'intera collettività ed in particolare alle giovani
generazioni", è l'obiettivo del museo aperto al pubblico il 24
maggio del 2016.
"Determinante per la sua realizzazione è stato il contributo
di Giovanni Paparcuri, straordinario collaboratore dei due
magistrati ed "inventore" della informatizzazione, all'epoca
rivoluzionaria, del maxiprocesso, scampato miracolosamente
all'attentato del 29 luglio 1983 in via Pipitone Federico a
Palermo, nel quale persero la vita il Consigliere Istruttore
Rocco Chinnici, il Maresciallo Trapassi e l'appuntato Bartolotta
dei Carabinieri, nonché il portiere dello stabile Stefano Li
Sacchi", sotttolinea l'anm.
E' amareggiato quello che è considerato una sorta di memoria
storica di quegli anni terribili: "Scrivo perché non posso
lasciare agli altri di giustificare la mia assenza. Scrivo
perché i messaggi che mi arrivano sono dello stesso tenore come
quello che condivido. Signori grazie dei messaggi, ma voi non
dovete venire per me, ma per loro. Io non ci sarò più, ma ci
tengo a precisare che non è una resa, mi costa parecchio
abbandonare, ma ribadisco che non è una resa, ma devo farlo,
perché sono stanco".
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