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In evidenza
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La dimora del principe, Villa
Lampedusa, è risorta dalle sue ceneri e prende il nome di Villa
Gattopardo. Stamattina è stata presentata alla stampa a Palermo.
È sede della Fondazione Dragotto e hotel di lusso che conta su
10 suite, un parco, una Spa ben attrezzata e una fontana con
getti d'acqua che prendono colore e vita al ritmo delle musiche
che si diffondono su tutto il parco. L'impresa è stata titanica,
imponente. La dimora del principe, acquistata dal mecenate
Tommaso Dragotto, illuminato imprenditore della compagnia di
autonoleggio Sicily by Car, ha subito una ristrutturazione degna
di stupore. Era distrutta, cadente, ferita in ogni sua parte, i
solai, quando esistenti, erano in pericolo, i decori coperti
dall'intonaco, e oggi, in soli due anni, tutto ha ripreso vita.
Persino la piccola Cappella padronale è stata restaurata sotto
la stretta vigilanza della Soprintendenza.
Ai primi del '700 la villa fu costruita per Don Isidoro
Terrana, come residenza agricola, ma passò di mano per vari
proprietari, da Alliata di Villafranca fino a Giulio Fabrizio
Tomasi di Lampedusa che la comprò dopo che i Borbone gli avevano
requisito l'isola di Lampedusa. "Fu conveniente - spiega Tommaso
Dragotto - con il denaro dell'esproprio i Tomasi comprarono
numerosi beni, mentre a quel tempo l'isola era solo un ammasso
di pietre e scogli in mezzo al mare. Poi l'autore del Gattopardo
ci racconta che la casa venne ampliata, per essere abitata. Il
principe, come sappiamo dal romanzo, la usava non solo per
l'estate, ma anche perché lì aveva organizzato il suo
osservatorio astronomico. Il mio sogno? Si è realizzato oggi. So
bene che non riprenderò mai i soldi spesi per il restauro, ma il
grado di civiltà di un popolo si misura dalla bellezza che
produce, che protegge, che custodisce. È un dovere morale verso
ogni generazione futura".
A occuparsi dell'immenso restauro sono stati gli architetti
Katia Balistreri e Franco Di Peri, attenti compagni di lavoro
per Dragotto che ogni giorno ha sorvegliato ogni centimetro dei
lavori, affidati all'Ekklesiasteron Restauro. Ovviamente
preceduti da un lungo periodo di studio e di scelte coraggiose
ma perfettamente in linea con la guida della soprintendenza ai
Beni Culturali. "Ho investito 6 milioni di euro - rivela
Dragotto - non ci saranno eventi che potranno ripagare una somma
simile, ma la gioia di creare qualcosa di bello che duri nel
tempo, che superi i limiti umani della durata, mi riempie di
consolazione. Ho scelto i marmi più pregiati, gli arabesque
adatti e abbiamo conservato tutto ciò che poteva riprendere
vita".
C'è un filmato che testimonia ogni fase dei lavori e lì
Tommaso Dragotto si commuove, nel rivedere l'abbandono di ciò
che era stata una villa, ripercorrendo i due anni di tensione e
di preoccupazione, per ogni decoro. Ma tutto si ricompone e
torna al proprio posto quando la fontana inizia a lanciare getti
d'acqua verso l'alto a suon di musica, da un valzer di Strauss
alle note de "La vedova allegra", fino al celebre valzer del
Gattopardo. Nella sala della colazione si trova
l'unico soffitto a cassettoni salvato e conservato. Tommaso
Dragotto va fiero delle opere della sua Fondazione: tra tutti
citiamo il volume Sicilia, il Grand Tour, la cui copertina è
stata adottata come immagine ufficiale del G7 di Taormina nel
2017, gli acquerelli commissionati apposta al francese Fabrice
Moireau che sono andati in mostra in tutta Italia. La villa sarà
visitabile la domenica mattina gratuitamente.
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