"Le contestazioni erano abbastanza
pesanti, non tanto nei numeri ma nella durezza. Ne parlai con il
presidente Preziosi che mi disse che le contestazioni sarebbero
finite non appena sarebbero arrivati i risultati. Con un clima
così è ovvio che cerchi una soluzione. E la soluzione fu che
andai ad allenare l'Atalanta, ma non venni esonerato". Lo ha
raccontato in aula l'ex allenatore del Genoa Gian Piero
Gasperini, oggi all'Atalanta, nel corso del processo a Genova a
15 ultrà per i ricatti alla società. L'indagine ha riguardato
presunte estorsioni nei confronti della vecchia proprietà del
Genoa, quando era presidente Enrico Preziosi.
"Allenai fino all'ultimo. Dopo il derby un gruppo di tifosi
venne a Pegli ma la società, credo il team manager, mi disse che
volevano vedere solo la squadra, non me" ha aggiunto Gasperini.
E' stato sentito l'ex giocatore Dario Dainelli. "Mi ricordo
di una delegazione che venne dentro la società. Non mi ricordo
cosa ci dissero, volevano più impegno dalla squadra. Non ho
subito atti di violenza. Ma me ne andai via perché non mi
sentivo più apprezzato". In un momento di pausa lo storico capo
ultrà Massimo Leopizzi, imputato, ha lasciato l'aula dicendo "è
un processo per quattro striscioni e sembra che processino Totò
Riina".
A processo ci sono 15 ultrà del Genoa indagati nell'ambito
dell'inchiesta sulle estorsioni alla società dal 2010 al 2017.
L'indagine era del sostituto Francesca Rombolà e del procuratore
aggiunto Francesco Pinto, e aveva portato in carcere Massimo
Leopizzi, Artur Marashi e Fabrizio Fileni, con l'accusa di
associazione per delinquere finalizzata all'estorsione e
violenza privata per aver estorto al Genoa circa 327 mila euro.
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