"Non faccio parte dell'Isis,
mettevo dei commenti di approvazione soltanto alle loro azioni
contro il regime siriano. I soldi versati alle donne, poi, erano
una forma di beneficienza e le frasi contro Meloni erano solo
una critica politica". Così si è difeso, in sostanza, davanti al
gip di Milano Fabrizio Filice, Alaa Rafaei, 43 anni egiziano con
cittadinanza italiana, finito in carcere due giorni fa come
Mohamed Nosair, 49 anni egiziano con permesso di soggiorno, per
associazione con finalità di terrorismo e istigazione a
delinquere.
I due, secondo le indagini della Digos e della Polizia
postale, coordinate dal procuratore Marcello Viola e dal pm
Alessandro Gobbis, avrebbero portato avanti su gruppi online
"una consapevole e deliberata attività di proselitismo via
social a favore dell'Isis", oltre che finanziamenti per donne
vedove di combattenti jihadisti.
Il 43enne, assistito dall'avvocato Emanuele Perego (ha
presentato istanza di domiciliari), ha sostenuto
nell'interrogatorio che lui "mai e poi mai aveva in mente di
fare azioni contro l'Occidente o l'Italia, perché io in Italia
sto bene - ha detto - ci ho portato la mia famiglia, per me
l'Italia è il Paese della libertà". Sulle presunte minacce on
line contro Meloni, l'arrestato ha spiegato che erano solo "una
forma di scherzo, di critica politica, perché l'Italia appunto è
un Paese libero, non come l'Egitto".
Sul presunto contatto con Sayad Abu Usama, "membro
dell'Isis", a cui avrebbe inviato denaro, Rafaei ha detto che
quell'uomo era solo il "tramite" che gli avevano indicato alcune
"donne di un campo profughi per far arrivare soldi alle vedove e
ai loro bambini come beneficienza". E ancora: "Non sapevo che
lui fosse dell'Isis".
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