Cade, almeno stando alla versione
di uno dei testimoni chiave, l'alibi di Roberto Zorzi, imputato
davanti al tribunale di Brescia con l'accusa di essere uno dei
due esecutori materiali della strage di Piazza della Loggia del
28 maggio 1974. Il 7 agosto 1974 l'allora capitano dei
carabinieri Francesco Delfino in un verbale inviato in Procura
scrisse che "la mattina del 29 maggio'74 il maresciallo Siddi
di questo nucleo veniva inviato a Verona per accertare
l'eventuale presenza di Zorzi, il 28 maggio, al mattino e
appurava che effettivamente lo stesso aveva sostato nel bar
stazione di Porta San Giorgio a Verona di proprietà del signor
Elia Bellaro", aggiungendo che "Daniela, la figlia del barista,
ricordava perfettamente che Zorzi si era fermato a un tavolo del
bar parlando con conoscenti e si era fermato fino oltre le 10
del mattino". Vale a dire 12 minuti prima dello scoppio della
bomba a Brescia. Una ricostruzione smentita a distanza di 50
anni, proprio dalla figlia del barista veronese sentita come
teste nel nuovo processo per la Strage davanti alla Corte
d'Assise presieduta da Roberto Spanò.
"Non conosco Zorzi e non ho mai detto queste parole ai
carabinieri, che a me non hanno chiesto nulla. Papà ce l'aveva
presente perché gli vendeva i biglietti, ma a me il nome di
Roberto Zorzi non mi dice nulla".
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